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Un asino vedeva tutti i santi giorni un cagnolino che faceva moine al suo padrone, e si toglieva la fame alla sua tavola, e la servitù gli era anche più generosa. Allora sembra che l'asino si dicesse: «Se a quell'animale lercissimo il mio padrone vuole tanto bene, nonché l'intera servitù, chissà a me, se gli faccio qualche complimento. Eh, io sono sempre meglio di un cane: io gli servo. E in molte cose. Io a sacre fonti mi nutro, cibo puro mi viene offerto. Ho tutte le risorse per una vita più alta; per il maggiore dei riconoscimenti.» Così l'asino aveva meditato, quando scorse il padrone che entrava. Gli andò incontro di buon passo, gli balzò addosso schiamazzando, gli si levò davanti, piazzò le zampe anteriori sulle spalle del signore suo, lo leccò, lo lisciò, gli macchiò il vestito, lo sopraffece, il signore, con tutto il suo peso. Alle grida del padrone la servitù intera si mise in agitazione, diede mano a bastoni e pietre e misero l'asino fuori combattimento, poi con le costole rotte e le membra ammaccate lo rimandarono mezzo morto alla greppia.

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