Sant’Orsola, di cui il 21 ottobre ricorre la festa, morì nel V secolo e fu una delle figure più amate del cristianesimo antico, ma è oggi dimenticata. Eppure, mille anni dopo la sua morte, il grande pittore veneziano Vittore Carpaccio ce ne ha restituito la storia nel celebre Ciclo di Sant’Orsola, uno dei capolavori del Rinascimento, oggi conservato e ammirato da tanti visitatori nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Realizzato, tra il 1490 e il 1495 per la Scuola di Sant’Orsola – una confraternita laica dedicata alla santa – il ciclo pittorico racconta, in dieci grandi tele, la vita, il pellegrinaggio e il martirio di sant’Orsola e delle undicimila vergini, tratta principalmente da una Passio della Santa e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, che sono anche le nostre fonti. Secondo questa tradizione, un re britannico, chiamato Noto o Mauro – la storia lo riconosce in Dionoto sovrano della Cornovaglia – aveva una sola figlia, Orsola, amata dal popolo per la sua dolcezza e venerata per la sua pietà. Mossa da profondo amore per Dio, Orsola aveva segretamente consacrato la propria verginità a Cristo, rifiutando ogni matrimonio terreno.