Se poco meno di vent’anni fa si poteva ancora parlare di «apostasia silenziosa», come fece Giovanni Paolo II nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa, oggi la si può purtroppo ridefinire “conclamata” e continua, come una metastasi, che ormai ha roso in molti, troppi punti l’organismo sano, compromettendo lo stato di salute del Corpo Mistico di Cristo.
L’ultima notizia in tal senso giunge dagli Stati Uniti, dall’Indiana per la precisione, dove l’Università “cattolica” (solo sulla carta…) di Notre-Dame ha recentemente ripreso e linkato sul proprio account Twitter ufficiale gli articoli di propri docenti, che sostengono, giustificano e promuovono la legalizzazione dell’aborto come forma di «giustizia sociale» e di rispetto della «dignità intrinseca delle donne», condannandone il divieto come una forma di «violenza».
È il caso, ad esempio, delle professoresse Tamra Kay e Susan Ostermann, le cui esternazioni sono apparse sulla rivista Salon lo scorso 4 maggio e sul Los Angeles Times dello scorso 6 maggio, dove assieme alla sociologa Tricia Bruce, in forze presso il Center for the Study of Religion and Society del medesimo ateneo, hanno affermato che l’aborto legale salverebbe la vita delle donne e che la sua abolizione viceversa non ridurrebbe il numero complessivo degli aborti praticati.
La decisione dell’Office of Outreach and Communication dell’Università di Notre-Dame di riprendere sul proprio account Twitter ufficiale tali articoli è stata immediatamente condannata dal gruppo Notre-Dame Right to Life, che ha ricordato come «l’aborto» rappresenti «un attacco diretto e selettivo alla dignità della vita umana. L’Università di Notre-Dame si presenta come un’istituzione “cattolica”, che sostiene la protezione della vita, ma allo stesso tempo diffonde la narrativa pro-aborto sotto il velo del sostegno al lavoro delle professoresse».