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Ero molto indecisa se parlarne o meno, ma volevo dare il mio piccolo contributo per riportare l'informazione a un senso più etico e rispettoso delle coscienze.

Quello cui ho assistito in questi giorni mi preoccupa più della diffusione del Coronavirus: la potenza dei social network, la scarsa capacità di filtrare le notizie e di attribuirvi il giusto peso, mi ha fatto riflettere.

Con la disintermediazione dell'informazione, ciascuno di noi è diventato antenna e, potenzialmente, ciascuno di noi può inviare il proprio segnale. Allora è importante che si assuma la responsabilità di ciò che scrive o condivide.

Andrea Fontana parla di "epidemia cognitiva" riferendosi alla reazione confusa dell'opinione pubblica sottoposta a una pressante informazione contraddittoria. Mi piace invece il monito di Maria Grazia Villa, docente di etica della comunicazione alla IUSVE di Venezia, che chiede ai suoi studenti, ma anche a tutti noi, di tornare a comunicare "in modo etico": preoccupandoci degli altri.

Per noi freelance, abituati a lavorare da remoto, le misure di sicurezza messe in campo dalle Amministrazioni non sono un limite. Possiamo lavorare da casa in conference call oppure condividere gli schermi e goderci un tempo da vivere in famiglia.

L'essenziale è continuare a fare sistema, condividere una speranza e riflettere su un tempo nuovo, magari più lento, che mette al centro le relazioni.