Se leggessimo su un giornale di uno Stato che non paga i suoi insegnanti penseremmo immediatamente all’avvicinarsi di una bancarotta nazionale e al terzomondismo che usiamo come lente per esibire una presunta superiorità. Il Paese che non paga gli stipendi a una parte dei suoi insegnanti è l’Italia.
Con l’inizio della scuola infatti migliaia di precari sono stati chiamati in cattedra con contratti temporanei variabili, utilizzati in caso ad esempio di malattia. Le assunzioni a breve termine, a differenza delle altre, sono a capo delle scuole che in caso di bisogno di una sostituzione avviano la ricerca e poi la comunicano al ministero. A quel punto il ministero può calcolare le buste paga e provvedere al pagamento.
I supplenti a breve termine hanno cominciato a lavorare a metà settembre ma a oggi non hanno ancora ricevuto uno stipendio. Insegnanti che sono in gravissima difficoltà economica e non riescono a pagare le spese di base, come gli affitti e gli alimentari. Basta girare in rete per trovare testimonianze di chi non riesce a pagare nemmeno il viaggio per raggiungere la scuola o di chi ha dovuto chiedere un prestito per potersi sostenere in attesa dello stipendio.
Avrebbero dovuto essere pagati - dopo le proteste - il 13 dicembre. Nulla di fatto. Dal ministero avevano fatto sapere che i pagamenti sarebbero arrivati subito dopo Natale. Niente, nemmeno qui. “Un ‘esercito di proletari’ di Stato – li definisce l’Anief, pronto a intentare una causa al Ministero - Eppure, se fossero disoccupati prenderebbero regolarmente la Naspi”.
Dal Ministero dell’Istruzione e del Merito avevano assicurato che si raserebbe risolto tutto l’11 gennaio. Ma ad arrivare è stato solo il pagamento del mese di novembre, rimangono quindi tutti gli arretrati.
Stiamo messi così.
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