Molti giornali, festanti e sconnessi dalla realtà perché offuscati dalla propaganda di pace – che poi è solo propaganda di guerra vestita di bianco – raccontano che gli abitanti di Gaza starebbero “tornando a casa”. Le foto che accompagnano quei titoli mostrano volti smarriti. Ma no, non ci sono case: Gaza in macerie, appunto. Dopo quasi due anni di assedio e bombardamenti, oltre 191.000 edifici sono stati distrutti o gravemente danneggiati, più del 92 % degli alloggi; il 92 % delle strade primarie è in rovina. Sessantasettemila palestinesi, per lo più civili – compresi migliaia di bambini – hanno perso la vita e circa 170.000 sono rimasti feriti. Oltre l’80 % delle terre agricole è stato distrutto o reso inaccessibile; scuole, ospedali e siti culturali giacciono a terra. Solo 14 ospedali su 36 restano parzialmente operativi. Questa sarebbe la legittima difesa di chi oggi reclama di costruire la pace.
Mentre l’Europa applaude al cessate il fuoco come se fosse la fine di una guerra, le bombe cadono sul Libano. Ieri i raid israeliani hanno colpito Tiro e Baalbek, con vittime civili e infrastrutture ridotte in cenere. È la stessa musica, cambiato solo il fronte: il suono della “pace” è quello delle esplosioni.
Da Israele arriva intanto la notizia che due medici palestinesi non saranno rilasciati: il dottor Hussam Abu Safiya, pediatra e direttore dell’ospedale Kamal Adwan, arrestato insieme a 240 tra medici, infermieri e pazienti, e il dottor Marwan al-Hams, responsabile degli ospedali da campo. Nelle stesse ore in cui la propaganda celebra la “ricostruzione”, i testimoni italiani rientrati da Israele raccontano violenze e abusi subiti nei centri di detenzione: pestaggi, privazione del sonno, sequestri di telefoni e documenti.
A Gaza, la protezione civile continua a scavare sotto le macerie: trentacinque corpi recuperati nelle ultime ore, diciannove solo a Gaza City. Le immagini mostrano famiglie che camminano sulle rovine delle proprie case, con lo sguardo fisso sull’orizzonte: nessuno di loro sa dove dormirà stanotte.
La ciurma di terra ha un solo imperativo: tenere la rotta e gli occhi dritti su Gaza.
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