L’antimafia è stanca e si vede. Anche ieri la figura di Peppino Impastato è stata vittima dell’iconizzazione utile a tacerne il senso. Sui social dei rappresentanti politici un profluvio di post con immagine annessa hanno dipinto Peppino come uno stralunato artista incappato una una storia più grande di lui. Significativo, come ogni anno l’errore comune di citare tra virgolette frasi mai dette da Impastato, estrapolate dal film che parla di lui. Anche ieri hanno commemorato un film scambiandolo per la storia che avrebbero voluto omaggiare. Così il Peppino Impastato scomodo scompare, ancora una volta. Scompare l’attivista politico, il consigliere comunale di Democrazia Proletaria eletto anche da morto, l’uomo che credeva nella mobilitazione per ottenere salari dignitosi, il cittadino che già sapeva come il cemento fosse una mangiatoia per le mafie e le collusioni. Oggi Peppino Impastato, se fosse oggi qui, sarebbe considerato un un manettaro, un calunniatore. Oggi si sprecherebbero gli articoli contro il suo giustizialismo verso Tano Badalamenti che invece era uomo incensurato e rispettato.
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