La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva cominciato il suo mandato parlando di tutto. Ha trovato il tempo per dipingere i rave party come uno dei principali “mali italiani”. Ha trovato il tempo per discutere di qualche decina di euro in più o in meno per legittimare l’uso del Pos. Ha trovato il tempo per scagliarsi contro Netflix per essersi permesso di avere confezionato un documentario su San Patrignano mentre, a suo dire, esistono “serie che ti raccontano come un eroe lo spacciatore”. In un’intervista a Grazia ci ha spiegato che “l’ideologia gender (che non esiste, ndr) andrà a discapito delle donne”. Durante un comizio elettorale a Ancona ha trovato il tempo di attaccare un sito di fact checking, Pagella politica.
Giorgia Meloni parla di tutto ma da qualche giorno non parla più. Non è più la “presidente femminista” (anzi, “il” presidente femminista) che trova un secondo per censurare il suo sottosegretario Vittorio Sgarbi e il suo presidente del Senato Ignazio La Russa. Niente, nessuna parola. Non è più la “donna forte senza paura” che ha il coraggio di correggere la sua ministra Santanchè e il vice ministro Delmastro. Non trova nemmeno il coraggio di sfidare la magistratura a viso aperto, affidandosi a presunte “fonti” e al suo sicario, il ministro Nordio.
Più vergognoso dei fatti di questi giorni è il silenzio di Giorgia Meloni. La tattica dello struzzo mentre esce la vera natura dei componenti di questo governo sarà inutile ma soprattutto è un tradimento agli elettori: la “testa alta” è china. Anche questo è un fatto.
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