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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8137

COVID, PASSERELLA DI REGIME CHE SI AUTOCELEBRA E PREMIA BURIONI di Paolo Gulisano
 
Provate a pensare a un medico che offende pesantemente i colleghi, che deride i pazienti, che passa più tempo sui social che in corsia, ambulatorio o laboratorio. Un medico di tal genere dovrebbe essere severamente richiamato all'osservanza del codice deontologico, a un'etica fondata sul rispetto. Invece accade che tale medico riceva un importante riconoscimento pubblico da parte del Capo di uno Stato. Sembra inverosimile, mentre purtroppo è quello che accade in Italia.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha consegnato, al Quirinale, le medaglie al "Merito della salute pubblica" e ai "Benemeriti della salute pubblica" a una lista di personaggi, che viene aperta proprio da Roberto Burioni, il virologo del san Raffaele che attraverso i microfoni sempre generosamente offertigli da Fabio Fazio, divenne la prima virostar dell'epidemia, caratterizzandosi per uno stile aggressivo, irridente, arrogante, che doveva anche purtroppo fare scuola, risultando uno stile di comportamento che venne adottato da tanti medici e infermieri che si sentivano in diritto di insultare i pazienti e i colleghi con un pensiero diverso sulla narrazione pandemica cui veniva rifiutato ogni tipo di dialogo e di confronto.
Il divulgatore di Stato Burioni non è stato certo l'unico a ricevere l'onorificenza da Mattarella, ma certamente questa scelta ha un forte significato. E' il "metodo Burioni" che viene premiato, il metodo dell'offesa, del turpiloquio, della chiusura al dibattito scientifico.
Oltre al pesarese, sono stati una sessantina coloro che hanno ricevuto un riconoscimento, professionisti di vari ambiti della sanità, ma circa un terzo di essi hanno avuto a che fare col Covid, e non tanto per le cure, ma per il sostegno pubblico dato alla campagna vaccinale e alla divulgazione della narrazione ufficiale.
Un riconoscimento hanno ricevuto coloro che erano addetti alla "logistica" della gestione pandemica: la medaglia d'oro "al merito della sanità pubblica" è stata ad esempio conferita al professor Ciro Aprea, un ingegnere che è stato il responsabile del mantenimento della "catena del freddo dei vaccini" anti virus. Una "catena del freddo" che sembrava inizialmente una delle principali caratteristiche dei salvifici supersieri, anche se ben presto i vaccini vennero fatti anche sulle spiagge assolate.
E dal momento che nella narrazione di Stato la pandemia era vista come una guerra (prove tecniche di militarizzazione del pensiero), non potevano mancare i riconoscimenti ai portatori di divisa. Al generale Francesco Figliuolo è stata riconosciuta la medaglia d'oro "ai benemeriti della salute pubblica" per come ha lavorato "al fine di fronteggiare la complessa fase emergenziale dovuta alla pandemia, nonché per aver portato l'Italia ai primi posti a livello mondiale per la risposta vaccinale all'emergenza pandemica". Così il generale si è ritrovato una nuova mostrina da aggiungere alla collezione, sempre ostentata sui media, da far invidia al Maresciallo Montgomery.
Stesso riconoscimento al generale di divisone Girolamo Petrachi e al maggiore generale Tommaso Petroni, che facevano parte della Struttura commissariale per l'emergenza pandemica. Il maggiore generale Michele Tirico ha avuto lo stesso riconoscimento per aver diretto la task force militare che ha dato manforte ai colleghi del servizio sanitario nazionale "impegnati nelle aree più duramente colpite dalla pandemia".
Queste scelte, e relative motivazioni, fatte da Mattarella, sembrano una volta di più ribadire agli occhi dell'opinione pubblica che il Covid era un nemico contro il quale si è combattuto e vinto, anche se con danni collaterali non trascurabili, grazie ad un'arma formidabile, il vaccino. Con tanto di medaglie finali agli "eroici" combattenti.
Questa è la versione ufficiale che deve passare alla storia, ma è una versione falsa, e non potrà esserci in futuro una autentica e auspicabile riconciliazione nazionale, e doverosa soprattutto verso le vittime e i familiari dei morti e danneggiati a causa  dei vari protocolli e delle scelte strategiche operate, se non emergerà tutta la verità.
La commissione di inchiesta non dovrà farsi condizionare dalla passerella svolta al Quirinale, e anche i medagliati dovranno rispondere del loro operato.  Infine, c'è un mancato riconoscimento alla memoria che dà molta amarezza e tristezza: quello al professor De Donno, eroe autentico e dimenticato.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Il vaccino ha ucciso, ma nessuno ha "sparato": tutti assolti" parla racconta la storia di Camilla Canepa, morta per il vaccino, come ha riconosciuto il processo, ma incredibilmente lo stesso processo si è concluso con l'assoluzione perché i medici "non sono responsabili". Nessun colpevole, nemmeno il governo, gli enti di controllo e le case farmaceutiche. E vissero tutti felici e contenti, tranne chi è morto e i suoi familiari.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 aprile 2025:
Non c'era da illudersi che il processo per la morte di Camilla Canepa avvenuta il 10 giugno 2021 a seguito della vaccinazione anti covid con Astrazeneca, potesse scrivere una nuova pagina di giustizia applicata al dramma dei danneggiati da vaccino. Col proscioglimento da parte del Gip di Genova, perché «il fatto non sussiste», i cinque medici che erano stati indagati vengono assolti, ma non perché non sia stato il vaccino ad uccidere la giovane 18enne inoculatasi nel corso di un open day nella sua città, Sestri Levante, il 25 maggio. Semplicemente non è da imputare a quei medici, che si trovarono ad affrontare le conseguenze della Vitt (la trombocitopenia da vaccino) la morte della giovane. Che è da imputare unicamente al vaccino.
Lo si comprenderà meglio con le motivazioni della sentenza che usciranno tra 90 giorni, ma è praticamente certo che il giudice confermerà che ad uccidere la giovane sia stato il vaccino, come del resto la stessa Procura di Genova aveva appurato, ma non è colpa dei medici che l'hanno poi curata, se non è stata riconosciuta in tempo la Vitt. «All'epoca non si sapeva», si dirà facilmente.
Che è un altro modo per dire che anche questa volta non è colpa di nessuno. E fa pensare che neppure su questo caso, che pure è stato il più eclatante e mediatizzato, non sia stato concesso dal giudice alcuno spazio di dibattito nell'aula di giustizia.
I medici hanno avuto gioco facile, effettivamente, nel difendersi dicendo che all'epoca non c'era nessun protocollo di intervento per una conseguenza simile dopo la vaccinazione. E questo nonostante già dal 9 aprile precedente fosse nota, perché pubblicata sul prestigioso New England Journal of Medicine, la conseguenza post vaccino della trombocitopenia.
La Vitt, infatti, era stata scoperta solo pochi mesi prima dall'equipe del professor Andreas Greinacher dell'Università tedesca di Grefswald con uno studio pubblicato il 9 aprile 2021 sul The New England journal of medicine: lo studio dimostrò che la vaccinazione con i vaccini a vettore virale come quello della casa di Oxford poteva provocare rari casi di trombocitopenia trombotica.
Ma quasi nessuno ne parlò. Della conferenza stampa del professor Greinacher si parlò a mala pena anche in Italia (uno dei pochi giornali che vi partecipò fu il Fatto Quotidiano) mentre l'approccio degli altri giornali fu di sostanziale rassicurazione. «Il 22 aprile, ad esempio - così scrivevamo nel 2024 -, il Corriere Salute fece un servizio molto documentato per parlare delle trombosi, ma sempre con il noto approccio "da pompiere" che caratterizzava la produzione giornalistica dell'epoca. Si dava conto della ricerca di Greiswald con dovizia di particolari, ma con il controbilanciamento di posizioni come quella del professor Giuseppe Remuzzi volte a rassicurare: studiare e capire, ma le probabilità sono basse, la campagna vaccinale non deve fermarsi».
Con queste premesse, a cui si aggiunge la totale assenza di circolari ministeriali o di Asl su quello che la scienza stava scoprendo, è stato inevitabile che i medici non siano stati riconosciuti colpevoli, del resto l'approccio dei medici a seguito delle reazioni avverse gravi da vaccino è sempre stato di sostanziale disinteresse e ostilità: quanti danneggiati hanno raccontato di accessi al pronto soccorso a vuoto, con il ritorno a casa solo con prescrizioni di ansiolitici?
A parlare di quegli studi, che evidenziavano criticità, erano pochi e coraggiosi medici e giornalisti, però tenuti confinati nella ridotta ignominiosa del complottismo no vax, mai considerati dai media e dalle istituzioni. Inutile stupirsi adesso che nessuno sapesse, perché è proprio così: nessuno sapeva, ma tutti erano immersi nel rumore di fondo di una narrazione che doveva dire che andava tutto bene e che il vaccino non creava nessun tipo di problema. Chi oggi prova a negarlo mente ed è moralmente responsabile di queste morti, perché anche il silenzio uccide.  
Ecco perché la tragica vicenda processuale di Camilla, non poteva che avere questo esito più che scontato, che certifica che il vaccino ha ucciso, ma pazienza: nessuno dovrà pagare perché nessuno è responsabile.
Del resto, la vicenda Canepa si è conclusa esattamente come la vicenda di Stefano Paternò, il militare di Marina che morì a seguito dello stesso vaccino: il Tribunale di Catania mise nero su bianco in sentenza che la sua morte fu da ricondurre ad una sindrome da distress respiratorio acuto a seguito del vaccino anti covid, ma