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SGOMBERATO IL CENTRO SOCIALE LEONCAVALLO di Manuela Antonacci
«Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità» con queste parole lapidarie il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi ha commentato la fine dello storico centro sociale milanese, un po' l'archetipo di tutti centri sociali italiani, avvenuto ieri mattina. Ma ricostruiamone brevemente la storia: il Leoncavallo è chiamato così dal nome della strada di Milano dove acquistò la sua "fama" occupando abusivamente un'area privata. La prima occupazione, il 18 ottobre 1975, fu di un piccolo stabile di via Mancinelli, nella periferia nord-est della città, ad opera dei collettivi antifascisti della zona e Avanguardia Operaia, e di qualche esponente dei movimenti Lotta Continua e Movimento Lavoratori per il Socialismo.
Una volta entrati nello stabile, in stato di abbandono da anni, gli occupanti si resero conto dell'enorme magazzino abbandonato adiacente, di oltre 3.600 m², che si affacciava su via Ruggero Leoncavallo e ne fecero la sede del centro sociale fino al 1994, per trasferirsi, poi, nel quartiere Greco. Diciamo che questa realtà, negli anni, non ha mai goduto esattamente delle simpatie dei vicini, a causa dei continui rumori molesti provenienti dall'edificio e soprattutto dello spaccio di eroina che, per un periodo, portò all'organizzazione delle "ronde anti-spaccio", tanto che, in passato, si è tentato più volte lo sgombero dell'edificio, ma i tentativi non sono mai andati a buon fine a causa delle violente proteste degli occupanti.
LA FINE DI UNA LUNGA STAGIONE DI ILLEGALITÀ
Molto più che un luogo di ritrovo, dunque, nuovamente salito agli onori delle cronache, ultimamente, a causa, appunto, del recente sgombero che ha suscitato reazioni opposte da parte degli esponenti dei vari schieramenti politici: «Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent'anni quell'immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell'occupazione», ha tuonato Piantedosi, riferendosi ad un singolare precedente che riguarda lo stabile, per la cui occupazione abusiva, il ministero dell'Interno è stato condannato al risarcimento di 3 milioni di euro alla società dell'Orologio, proprietaria dell'immobile. Multa che il Viminale ha girato alla presidente dell'associazione "Mamme Antifasciste" del Leoncavallo.
Riguardo lo sgombro che doveva essere eseguito il 9 settembre, ma che per ragioni di sicurezza è stato anticipato, ha mostrato soddisfazione anche la premier Giorgia Meloni: «In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti». L'opposizione non sembra della stessa idea e denuncia, invece la "propaganda securitaria" del governo. Bonelli: «L'immobile occupato dai fascisti di Casapound nel cuore di Roma resta però intoccabile». Si lamenta anche il sindaco di Milano, per essere stato lasciato all'oscuro di tutto e definisce il centro sociale «un valore storico e sociale nella nostra città».
UN LUOGO SIMBOLO
Polemiche non sono mancate anche contro Salvini, che avrebbe esultato di fronte alla notizia della fine del centro sociale; ma la sinistra gli ricorda di essere stato un assiduo frequentatore, nei suoi anni giovanili, del Centro, al punto che il Corsera ha avuto l'ardire di ripubblicare un articolo del 13 settembre del 1994, in cui si esprime meraviglia per un intervento dell'allora appena ventenne Salvini, già leghista, in consiglio comunale, in seguito ad uno dei tanti tentativi di sgombro del capannone, avvenuto in quei giorni. Il giovane Salvini avrebbe, a quei tempi, inaspettatamente difeso le attività del centro parlando di «bravi ragazzi che non prenderebbero mai in mano una spranga».
Insomma si riesumano anche "vecchie glorie" pur di dare sostanza alla polemica. Non ha tardato a strapparsi i capelli neanche Ilaria Salis, parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra. «Nessun rispetto per la storia», ha dichiarato, difendendo il centro sociale che per anni ha occupato spazi di proprietà privata. Le fa da eco Bobo Craxi che si lagna su X: «Festeggiano lo sgombro del Leoncavallo come fosse la riconquista dell'Amba Alagi [...] Mi auguro si trovi una soluzione così la piantano di festeggiare». Ma un utente gli risponde senza peli sulla lingua: «Che costa alla collettività 8.000 euro al mese da 31 anni».
E basta scorrere i commenti degli internauti sui vari social e sotto i post degli esponenti di certa politica, per accorgersi che, nonostante la solita propaganda, i cittadini, alle prese con la concretezza della vita, quella vera, non possono non accorgersi che, anche stavolta, "Il re è nudo" e di fronte al rammaricarsi dei rappresentanti della sinistra, molti di loro, per tutta risposta, invitano i progressisti ad abbandonare le loro vesti da "radical chic" e a mettere a disposizione le loro proprietà, in primis o ad offrirsi di pagare l'affitto del Centro, se davvero il lutto per un luogo simbolo di un così alto scambio culturale, è autentico.