E’ conveniente rivalutare i beni d’impresa?
E’ una domanda che si pongono molte imprese (società di capitali, di persone e ditte individuali) Ed è una domanda lecita. Perché la rivalutazione dei beni d’impresa prevista dal Decreto Agosto (articolo 110, D.L. n. 104/2020) offre molti elementi interessanti.
La rivalutazione consente, infatti, di migliorare l’equity e i rating patrimoniali che governano l’accesso delle imprese al credito bancario, nonché di fronteggiare meglio costi e perdite connessi all’esercizio 2020 condizionato dal Covid-19.
Volendo fare un esempio, se si decidesse di rivalutare un marchio per un importo di 200.000 euro, l’impresa – a fronte di un costo (solo il 3%) da pagare a giugno 2021-2022-2023 con 3 rate di 2.000/anno euro ciascuna) – si otterrebbe un risparmio d’imposta del 27,9% (IRES 24% + IRAP 3,9%) con un risparmio netto effettivo di 55.800 euro…
Si consideri poi che il saldo attivo di rivalutazione – qualora facoltativamente affrancato (versando un ulteriore 10%) – è liberamente distribuibile ai soci e non concorre, quindi, a formare il reddito imponibile della società che ha effettuato la distribuzione. Questo perché le riserve di rivalutazione, una volta affrancate, confluiscono tra le riserve di utili, in caso di distribuzione, e il socio deve assoggettare a tassazione l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste per la tassazione dei dividendi. Altrimenti potrà essere imputato a capitale, ovvero utilizzato a copertura delle perdite.
Ecco quindi 3 ragioni secondo cui le aziende devono subito rivalutare i beni d’impresa:
Gli AMMORTAMENTI
La PLUSVALENZA
L’ATTIVO PATRIMONIALE