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Francesco Agnoli racconta la dissoluzione della Prima Repubblica Italiana nel 1992, suggerendo che l'indagine "Mani Pulite" e il processo "Tangentopoli", pur legittimi nella lotta alla corruzione, furono influenzati da potenze straniere, in particolare gli Stati Uniti. Viene ipotizzato che l'obiettivo fosse destabilizzare la vecchia classe dirigente (DC e PSI), non più necessaria dopo la caduta del comunismo, per favorire una nuova configurazione politica. L'analisi si concentra sulla presunta selettività dell'inchiesta, che avrebbe risparmiato l'ex Partito Comunista Italiano, e sul ruolo di figure chiave come il magistrato Antonio Di Pietro, i cui presunti legami con ambienti americani e il successivo ingresso in politica a sinistra sollevano interrogativi. Infine, Francesco racconta come l'improvviso arrivo di Silvio Berlusconi in politica, e la conseguente indagine a suo carico, abbia alterato i piani preesistenti, portando a una politica italiana caratterizzata da figure non elette come Ciampi, Monti e Draghi, segnando la fine della vera democrazia partitica.
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