Quelle del "Guardiano di greggi" sono le poesie scritte da Fernando Pessoa (1888-1935) con l’eteronimo di Alberto Caeiro, ovvero colui che il poeta portoghese avrebbe voluto essere: un uomo che supera il soggettivismo della civiltà contemporanea per gettarsi a capofitto in una natura paganamente divinizzata, in grado di stabilire un rapporto con il prossimo e di identificarsi con il mondo stesso, immergendosi nella realtà grazie all’esperienza sensoriale. In Caeiro c’è forse la soluzione ai dubbi di Pessoa, che scrive nel 1915: “C’è tra me e il mondo una nebbia che impedisce che veda le cose come veramente sono – come sono per gli altri. Ne soffro”. Ma Pessoa non riesce a coglierla, e non è un caso che la biografia fittizia di Alberto Caeiro abbia fine nel 1915, proprio nel periodo di queste parole affidate alle "Pagine intime". Si chiude la porta, e a Caeiro subentra un altro eteronimo, Ricardo Reis, suo discepolo, poeta epicureo e malinconico.
Il testo è stato scelto e letto da Luca Biasetti