Questo episodio si concentra sulla profonda angoscia dell'apostolo Paolo per la mancata fede di Israele e sulla successiva spiegazione teologica della sovranità di Dio, come esposta in Romani 9:1-13. Qui è analizzato il paradosso del dolore di Paolo—che include la sua iperbolica disponibilità ad essere maledetto per la salvezza dei suoi connazionali—e passa poi a chiarire la dottrina dell'elezione divina. Viene sottolineato che non tutti i discendenti di Abramo sono il "vero Israele" e che la salvezza dipende dalla promessa sovrana di Dio, come illustrato dagli esempi biblici di Isacco e Giacobbe. Inoltre, si afferma che la parola di Dio non è venuta meno, ma agisce attraverso la grazia elettiva che chiama coloro che Egli sceglie.