"Linea" è una poesia di Alessandro Muresu.
Voce e musica: Alessandro Muresu.
Avanzammo mani a terra
palmo a palmo strizzando le guance alle pozze
certi di lambire quell'uscio invisibile
intonando canti tossici con la punta dei reni,
i polsi maleodoranti
passammo attraverso archi di radici inattaccabili
e gli anni di scuola elementare
e blocchi di nutrienti flemmatici in un paesaggio sterile,
come in vacanza
Lasciami alle alghe, a fare e disfare
i tratti somatici crepitano nel rancio rappreso di ieri
Sono senza sonno
mi aggiro in trance da un patio all'altro dei sensi
accovacciato in ostensione
Sono la tigna da cui trarre e sorbire
in un’assemblea che non recede
C'è chi sviene per mezzo del rammarico d'altri
e negli altri fa millimetrare fosse vergini
vestite di un rado mosaico di tenebra
In soffitta andammo di nascosto a bere
a farci scappare il mormorio inerte di una risata
col dito al buio poi scorremmo l'enciclopedia
le voci apodittiche e ciò che è male
e ciò che viene bene e le assurdità
la nuova geografia delle persone
Ancora fummo in strada alla vista ingenua
buttati nella fredda capitale degli sguardi proiettile
Udii il tumulto di valige aperte sistemate in un ventre
Noi non siamo stati come siamo
Dimmi tu da dove proviene il sibilo alto
di una macchina guastatrice che quadra i tuoi coaguli
infilaci un ago d'osso in quei germogli
le cose veramente antiche ci fanno deboli
quando sembriamo folli e normali
pronti ad essere morti a puntino
Tanti tormenti floreali, notturni idoli di grido
che soccombono in cifra doppia fra opinione e scherno,
rumore e pensiero
Il capo chino meriterà una scossa
che permeerà tutta l’unione
Quella si dice è una pianta esotica automatica,
l'albero della gelosia eterna
alla base del tronco ho steso un po' di colla
come mi ha indicato il macellaio
e ho filosofato, mantrizzato, apologizzato ai suoi talloni
secondo la sagacia del vetraio
un giorno in cui non era rimasto rifugio
Ciononostante in una linea s'intagliò l'ultimo pezzettino di me
bruciò la prova delle fessure
e la ricevuta di ritorno girò a vuoto un corso di mezzo grado
sopra il soffio scheletrico di un fumaiolo
Emissioni di linfa e bozzolo e topi
e ghiande e calamari e stati recettivi d’ombra
immortalarono le vite in avanscoperta e quelle a venire
la melma prodigiosa cadeva in stracci
orizzontalità a perdita d'occhio
sedendo al trono del mare istintivamente evaporato