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“Un bel tacer non fu mai scritto”
Certamente tutti abbiamo sentito questo monito.
A volte è davvero preferibile stare zitti e non proferire parola e in questi tempi, quante persone perdono occasioni d’oro per stare zitti 😊
In questo tempo caotico credo che imparare o re-imparare ad ascoltare sia una delle emergenze.
Saper ascoltare è un’arte difficile, quanto necessaria. Fin da piccoli siamo cresciuti tutti a suon di “ascolta quello che ti dico” … che sia per questo che siamo diventati tutti un po' ribelli e non seguiamo più i consigli dei genitori? 😊
L’arte del saper ascoltare
Ascoltare sembra un qualcosa che avviene in modo automatico, naturale. Ma se è così facile perché ci sono spesso tanti malintesi? Perché è così diffusa la sensazione di non essere compreso?
Quanto difficile è diventato non solo farsi ascoltare, ma trovare anche qualcuno disposto a farlo?
Certamente i “maestri” dei talkshow sembrano fare a gara per evitare la saggia arte dell’ascoltare. Il problema è che loro lo fanno per gli indici di ascolto e il povero utente resta vittima di certe maestrie, pensando sia giusto così!
Nell’era dei social e dei leoni da tastiera, sembra che tutti siano grandi comunicatori dimenticando che si comunica solo se prima di esprimersi si è dato spazio all’ascolto.
Ascolto e comunicazione sono effettivamente due cose diverse che però quando sono in armonia aiutano a creare quell’atmosfera che facilita l’incontro, la comprensione, l’apertura verso il dialogo. Il discorso fluisce e la comunicazione stessa migliora.
Saper ascoltare significa cogliere la comunicazione emotiva sottostante al mero discorso. Significa anche saper mettere da parte per un po’ i propri pensieri, soluzioni, interessi…l’attenzione è rivolta verso l’altro.
Avere la capacità di ascoltare permette di porre quelle basi necessarie per instaurare un profondo incontro tra interlocutori e avviare una migliore comprensione.
Migliorare la comunicazione dando spazio all’ascolto, migliora la vita e…migliora il mondo.

Per la Giornata sulle Comunicazioni sociali, Francesco scrive agli uomini per bene, quelli che hanno una buona volontà un messaggio proprio su questo tema:
Cari fratelli e sorelle!
desidero porre l’attenzione su un verbo, “ascoltare”, decisivo nella grammatica della comunicazione e condizione di un autentico dialogo.
In effetti, stiamo perdendo la capacità di ascoltare chi abbiamo di fronte, sia nella trama normale dei rapporti quotidiani, sia nei dibattiti sui più importanti argomenti del vivere civile.
Allo stesso tempo, l’ascolto sta conoscendo un nuovo importante sviluppo in campo comunicativo e informativo, attraverso le diverse offerte di podcast e chat audio, a conferma che l’ascoltare rimane essenziale per la comunicazione umana.
A un illustre medico, abituato a curare le ferite dell’anima, è stato chiesto quale sia il bisogno più grande degli esseri umani. Ha risposto: “Il desiderio sconfinato di essere ascoltati”. Un desiderio che spesso rimane nascosto, ma che interpella chiunque sia chiamato ad essere educatore o formatore, o svolga comunque un ruolo di comunicatore.
Ascoltare con l’orecchio del cuore
Tutti abbiamo le orecchie, ma tante volte anche chi ha un udito perfetto non riesce ad ascoltare l’altro. C’è infatti una sordità interiore, peggiore di quella fisica. L’ascolto, infatti, non riguarda solo il senso dell’udito, ma tutta la persona.
La vera sede dell’ascolto è il cuore.
Perciò, il primo ascolto da riscoprire quando si cerca una comunicazione vera è l’ascolto di sé, delle proprie esigenze più vere, quelle inscritte nell’intimo di ogni persona. E non si può che ripartire ascoltando ciò che ci rende unici nel creato: il desiderio di essere in relazione con gli altri e con l’Altro.
C’è un uso dell’udito che non è un vero ascolto, ma il suo opposto: l’origliare.
Infatti, una tentazione sempre presente e che oggi, nel tempo del social web, sembra essersi acuita è quella di origliare e spiare, strumentalizzando gli altri per un nostro interesse.
La mancanza di ascolto, che sperimentiamo tante volte nella vita quotidiana, appare purtroppo evidente anche nella vita pubblica, dove, invece di ascoltarsi, spesso “ci si parla addosso”. Questo è sintomo del fatto che, più che la verità e il bene, si cerca il consenso; più che all’ascolto, si è attenti all’audience. La buona comunicazione, invece, non cerca di fare colpo sul pubblico con la battuta ad effetto, con lo scopo di ridicolizzare l’interlocutore, ma presta attenzione alle ragioni dell’altro e cerca di far cogliere la complessità della realtà. È triste quando, anche nella Chiesa, si formano schieramenti ideologici, l’ascolto scompare e lascia il posto a sterili contrapposizioni.
In realtà, in molti dialoghi noi non comunichiamo affatto. Stiamo semplicemente aspettando che l’altro finisca di parlare per imporre il nostro punto di vista. In queste situazioni, il dialogo è un duologo, un monologo a due voci. Nella vera comunicazione, invece, l’io e il tu sono entrambi “in uscita”, protesi l’uno verso l’altro.
Non si comunica se non si è prima ascoltato. Solo se si esce dal monologo, infatti, si può giungere a quella concordanza di voci che è garanzia di una vera comunicazione.
Oggi c’è tanto bisogno di ascoltare e di ascoltarci! Ce lo urlano i ragazzi i giovani, gli anziani soli… È il dono più prezioso e generativo che possiamo offrire gli uni agli altri. Quello dell’ascolto è un servizio che ci è stato affidato da Colui che è l’uditore per eccellenza, alla cui opera siamo chiamati a partecipare. «Noi dobbiamo ascoltare attraverso l’orecchio di Dio, se vogliamo poter parlare attraverso la sua Parola». Così il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer ci ricorda che il primo servizio che si deve agli altri nella comunione consiste nel prestare loro ascolto. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non sarà più capace di ascoltare sé stesso e tantomeno Dio.
Ascoltare, prima di parlare. Dare gratuitamente un po’ del proprio tempo per ascoltare le persone è il primo gesto di carità.
Abbiamo una sola bocca e due fori come orecchi, forse una ragione c’è!!!