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La nube luminosa. Omelia | 2ª Domenica di Quaresima (anno A). Milano, 8 marzo 2020

Sia lodato Gesù Cristo!
Questa II Domenica di Quaresima in cui, per i noti eventi epidemiologici, in qualche modo siamo “costretti fisicamente”, e il pensiero magari va alle costrizioni anche fisiche che soffriremo nei prossimi giorni, a me piace con il cuore e con la mente andare là dove ci porta il Vangelo di oggi; su questo “alto monte” in cui Gesù conduce i suoi discepoli prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni.
[Si è discusso su cosa fosse, su quale fosse, questo alto monte e devo dire che, prima di andare in Terra Santa, io avevo qualche riserva che l’identificazione tradizionale con il Monte Tabor - che si erge solitario nella pianura di Esdrelon - fosse esatta, fosse accurata, verosimile. Però da quando sono stato lì devo dire che (anche se non è un articolo di fede che sia proprio quello) personalmente sono convinto che il monte della Trasfigurazione sia stato davvero il Monte Tabor; perché il Monte Tabor, per i nostri riferimenti, è poco più di una collina, alta poco più di 500 m; però si innalza sulla pianura di Esdrelon per circa 300 m e ha proprio l’aspetto di un monte (diciamo di un monte in miniatura). Ci sono caratteristiche (su cui non mi dilungo) di questo luogo che lo rendono particolarmente verosimile, come luogo della Trasfigurazione di Gesù sul Monte.]
Io mi trasporto lì e cerco di valorizzare qualcosa della Parola che abbiamo appena ascoltato. Gesù sceglie tre su dodici e «li conduce in disparte su un alto monte, loro soli». Alla fine di questa esperienza, questi uomini «alzando gli occhi - dice l’Evangelista Matteo - non videro nessuno, se non Gesù solo». È un’esperienza di solitudine quella del Monte Tabor, di solitudine di tre uomini con Gesù.
E in questa esperienza di solitudine c’è di tutto: c’è una nube lucida, una nube brillante, «una nube luminosa», che rappresenta certamente la presenza dello Spirito Santo. Questo è un Mistero di Luce. È il IV Mistero della Luce del Santo Rosario per volontà di Giovanni Paolo II. Però di questa luce, di questa nube, dice il Vangelo che «li coprì con la sua ombra». È una nube luminosa che però fa ombra, che illumina e che nello stesso tempo oscura. Questa è la nostra storia. Questo è il nostro cammino sulla terra. Gesù ci vuole con sé e vuole che sperimentiamo con Lui momenti di luce e momenti di ombra. Momenti di gloria, certo. Pietro dice a Gesù: «Signore è bello per noi essere qui». E in questa parola “bello” c’è dentro l’ebraico “tov” che significa “bello, buono, piacevole”. Delle volte Gesù ci porta con sé e ci fa sperimentare momenti di luce, di godimento, di gloria. Ecco, però, che nell’epilogo Gesù fa riferimento alla sua Passione: «Non parlate a nessuno di questa visione prima che il Figlio dell’Uomo non sia risorto dai morti». E, come sappiamo, non casualmente, questi tre discepoli furono anche testimoni della paura e dell’angoscia che Gesù provò nell’Orto del Getsemani prima della cattura, della Passione, della morte di Croce.
E allora questa è la nostra storia, questa è la nostra vita. Questa è la vocazione cristiana di tutti senza eccezione. Forse la differenza sta proprio nella consapevolezza - che non tutti hanno - che la vita cristiana questo comporta: luci e ombre, dolore e godimento; momenti difficili - nei quali Dio non ci abbandona e nello stesso tempo ci richiama alla consapevolezza della nostra pochezza e quindi al bisogno di chiedere, di supplicare il suo aiuto - e anche momenti anche di più o meno grande gloria.
Allora facciamo nostra l’esortazione che San Paolo rivolge a Timoteo: «Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo!». “Soffri”, “Collàbora”, dice la Vulgata, dove in questo labor c’è l’ambivalenza: c’è il lavoro e c’è la fatica; c’è la frustrazione ma c’è anche la messe.
Allora facciamo nostro lo spirito di Abramo, qualunque sia la nostra età: Abramo, secondo la tradizione, venne chiamato quand’era già molto avanzato negli anni. Lasciamo quello che il Signore ci chiede di lasciare e andiamo dove ci chiede di andare; a volte ci chiede anche di rimanere fermi, quando noi vorremmo andare altrove: «Allora Abram partì. Come gli aveva ordinato il Signore».
Chiediamo alla Madonna di avere la forza, la determinazione, la fede di seguire Gesù dovunque ci porta, di stare con Lui dovunque ci chiede di stare. Chiediamo, soprattutto in questi tempi un po’ calamitosi (ma non esageriamo neanche troppo) di non lasciarci rubare la speranza, di continuare a corrispondere con la grazia di Dio, con l’intercessione della Madonna e di San Giuseppe (ormai siamo prossimi al 19 marzo), di San Josemaría e di tutti i santi, di perseverare nella corrispondenza del nostro povero amore all’Amore di predilezione che Dio ci ha dimostrato.
Così sia! Amen!