II Domenica di Quaresima
Commento al Vangelo di Luca 9, 28b-36
Nell’episodio della trasfigurazione Pietro, Giovanni e Giacomo ricevono “in dono” la visione di Gesù nella gloria, uno sguardo diretto sulla sua persona, come se Dio avesse voluto aprire per un attimo “la tenda” sul mistero di suo Figlio - e per figlio si intende comunanza di natura, è Dio come me -.
Al termine della trasfigurazione, restò Gesù solo, cioè solamente la sua umanità e i tre discepoli scendono dal monte con una consapevolezza accresciuta della sua divinità, anche se continueranno a “vedere” solo la sua umanità che proprio a Gerusalemme sarà oltraggiata, torturata, insultata, e uccisa.
E la visione della trasfigurazione servirà loro proprio per contemplare ciò che la passione di Gesù doveva rivelare: Gesù è un Dio che dà la vita per noi.
Guardare la Pasqua alla luce e dalla luce della trasfigurazione, è un ribaltamento di prospettiva che ci permette di scorgere oltre il Gesù sulla croce e che dalla croce, diventa per noi un segno luminoso di vittoria sulla morte.
Nella nostra preghiera anche noi possiamo entrare nella luce della trasfigurazione per “vedere e contemplare” con gli occhi del cuore e della fede, il Gesù glorioso, il Gesù che va verso la sua morte per darci a noi la possibilità di vivere della sua vita eterna.
E anche in ogni celebrazione eucaristica ci viene data la possibilità di accedere alla nostra “piccola trasfigurazione” sul mistero di Gesù per poter poi vivere le nostre prove non più passivamente, ma come atto di donazione e di abbandono al Padre ed entrare così nel mistero pasquale di Gesù splendente.
Nella nostra vita, questo splendore è ancora avvolto dal velo della prova:
la liturgia di oggi ci vuole così aiutare a tenere gli occhi aperti e capaci di penetrare il mistero della vita eterna che già “trionfa” nella misura in cui noi ci appoggiamo al mistero di Gesù, ci appoggiamo alla sua divinità, invochiamo il suo aiuto efficace.