Comincia oggi a Bruxelles la due giorni di Consiglio europeo che sancirà il rafforzamento del sostegno militare dell'Unione europea a Kiev nella guerra antirussa. Il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi. arriva nella capitale belga forte delle mozione parlamentare passata anche alla Camera a vastissima maggioranza: 410 voti favorevoli e appena 29 contrari. Tutti ai piedi del premier e dei suoi istinti guerrafondai, malamente mascherati dai proclami sulla guerra "di difesa" dell'Ucraina dall'assalto russo. Di fatto l'Europa continentale deciderà, con un'Italia complice, di proseguire nella politica di fornitura di armi a Zelensky secondo lo schema deciso alla Casa Bianca e sostenuto dal principale alleato di Biden che è il premier britannico Boris Johnson, intervistato oggi dal Corriere della Sera. Johnson spiega con chiarezza che l'obiettivo per cui si continua ad armare Kiev è riportare Putin alle condizioni del 24 febbraio, senza alcuna concessione territoriale. La guerra sul campo racconta però di una continua avanzata russa e dunque con questa piattaforma il negoziato s'allontana. Con la fornitura massiccia di armi a Kiev, poi, la pace diventa una vera e propria chimera. Il ministro degli Esteri, Di Maio, intanto diventa draghiano di stretta osservanza e di rito mattarelliano, lui che voleva a inizio legislatura processare il Capo dello Stato per alto tradimento. Dopo la scissione ora c'è chi posiziona Di Maio al centro dell'operazione di nascita del partito dei centristi draghiani, insieme a Renzi, Calenda ed alcuni sindaci. Così il paradosso pentastellato sarà definitivamente compiuto. Beppe Grillo intanto, forse affranto per la catastrofe del suo Movimento e stanco della leadership fiacca di Giuseppe Conte, cancella il previsto viaggio a Roma che doveva rinfrancare le truppe residue. E subito si apre il "processo" (parola usata nel titolo di apertura di Repubblica) al Garante.