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Uno dei 47 milioni (secondo il più recente censimento) di poeti o versificatore italiani viventi, ha scritto, a proposito del popolo di Roma, la seguente strampalata quartina, che ho letto per caso, e che, se non brilla di certo per eminente valore letterario, se non è il Belli, neanche apocrifo, non è priva, tuttavia, di una certa verità: 

“Il popolo di Roma è un populusqueal Senato e alla Curia apparentato e durerà nei secoli, quousque l'ultima goccia non si sia scolato.”

L'ultima goccia, credo che si debba intendere di vino dei Castelli; a meno che il poeta non intendesse, metafisicamente, l'ultima goccia del tempo, al termine dei secoli, che i romani si sarebbero, con piacevole indifferenza, scolato fino alla fine, come un vino.
Questa mi parrebbe un'interpretazione troppo ardita, forse temeraria; ma comunque la si intenda, l'una e l'altra lezione è egualmente sensata; e, in fondo, esse sono equivalenti, se si pensa che i romani sono i soli a saper resistere, con uguale imperturbabilità, all'ingannevole e greve, veleno del loro vino, così come agli inganni non meno grevi e velenosi del tempo; e che, come, per l'uso da tempo immemorabile, essi si sono adattati, si sono mitridatizzati a quel vino, e l'hanno reso per sé innocuo per opera del tempo, così hanno fatto innocuo, per sé, il tempo, per virtù del vino, nel quale lo hanno affogato tutto intero, con tutto l'antichissimo, passato, tutte le glorie e tutte le miserie. 

Luoghi narranti narrati e citati: Piazza dl Popolo - Foro (Campo Vaccino) - Palazzo Chigi - Argentina (largo) - Fontana delle Tartarughe - Ghetto - Montello - Piglio - Museo del Campidoglio - Antica Pesa - Trastevere - Villa Doria (Pamphili) - Porta San Giovanni - Piazza Bologna - Via Nomentana - Viale Tiziano - Garbatella - Primavalle - Campo dei Fiori - San Lorenzo (quartiere) - Porta San Paolo

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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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