Durante questo campo a Napoli, con il gruppo con cui sto camminando, abbiamo riflettuto sul significato del luogo da cui proveniamo. È un’esperienza particolare quella di allontanarsi fisicamente dalla propria casa per comprendere meglio se essa sia davvero un luogo di benessere o, talvolta, una prigione silenziosa. Proprio questo è il messaggio della prima lettura: il racconto dell'uscita del popolo d’Israele dall’Egitto.
 Per secoli — circa quattrocento anni — gli israeliti avevano vissuto lì, ed erano ormai nati e cresciuti in terra egiziana. Ma nonostante tutto, quella terra non era casa: era un luogo di schiavitù, di ingiustizia, di fatica e oppressione. L’Egitto era divenuto sinonimo di sofferenza, anche se ormai parte della loro storia più antica. Tuttavia, la liberazione non è semplice: il cammino verso la libertà inizia con una fuga che ha subito il sapore della minaccia, dell’inseguimento, della paura.
 Paura della libertà: quando il passato ci sembra migliore
 Non è strano che il popolo, pur soffrendo, fatichi a staccarsi da quella terra. Una volta iniziato il cammino, nel deserto, ecco l’incertezza: “Perché ci hai portati via? Non stavamo poi così male...”. La fame, la fatica, il timore di essere raggiunti e uccisi dal potente esercito egiziano rendono opaco il ricordo della schiavitù. A volte, pur di non affrontare l’ignoto, siamo disposti a tornare indietro, anche in luoghi dove si soffriva.
 Ma qui interviene la voce di Mosè, e quella del Signore: “Non abbiate paura”. Davanti al popolo in fuga c’è un esercito con cavalli e carri, e loro sono solo a piedi. Eppure il Signore promette che sarà Lui a combattere. Ci chiede solo di continuare a camminare. Questo ci tocca profondamente: la libertà non è facile, comporta delle lotte interiori ed esteriori, ma è Dio che le rende possibili, se noi restiamo in cammino.
 Profeti strani e messaggi di salvezza
 Il Vangelo di oggi ci parla di Giona: un profeta riluttante, che non voleva seguire la volontà di Dio. Eppure, proprio lui, mandato in una città nemica di Israele, ottiene ascolto. È accolto come portatore di un messaggio vero, di conversione e di vita. Questo ci fa pensare a quante volte anche nella nostra vita arrivano “profeti strani”, magari non facilmente catalogabili o inquadrabili, che però portano parole di speranza, che ci aprono gli occhi su un’altra possibilità di vita.
 Sono queste le figure che Dio ci manda per aiutarci a uscire dalle nostre schiavitù quotidiane. Sono voci che ci dicono che un cammino nuovo è possibile, una vita nuova, non più da schiavi, ma da figli.
 Il cammino di Gesù: dalla croce alla libertà
 Il cammino della libertà, il vero esodo dalle nostre schiavitù interiori, ci è stato mostrato in pienezza da Gesù. È Lui che ha dato la vita per noi, per renderci davvero liberi. Non ha combattuto con carri e cavalli, ma con l’amore e il dono di sé. La sua morte e risurrezione sono per noi la strada aperta verso la terra promessa.
 Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, rinnoviamo questo dono. È un’occasione concreta per dire grazie e per ritrovare la forza di non tornare indietro, di non cedere alla paura, di continuare a camminare, giorno dopo giorno, verso quella terra buona dove non saremo più schiavi, ma liberi figli amati.
 Grazie, Signore, per ogni passo che ci permetti di fare fuori dall’Egitto. Grazie per la libertà che ci offri, anche se ci fa paura. Resta con noi nel cammino.