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Il Vangelo di oggi mi ha aiutato molto ad entrare nel significato profondo della festa del Corpo e Sangue di Gesù Cristo. Una celebrazione che rischia, a volte, di essere vissuta in modo un po' distante, magari solo con qualche processione, come quella di giovedì scorso a Bologna, con pochi partecipanti e un centro città semivuoto. Ma è una festa che vale la pena riscoprire. È un’occasione per mettere davvero al centro Gesù, l’Eucaristia, il Sacramento.

Mi sono soffermato su due aspetti importanti delle letture di oggi, che mi hanno toccato pensando al mio rapporto personale con il Corpo e il Sangue del Signore.

Il primo aspetto: il bisogno umano

Il primo aspetto è il bisogno. Tutta quella gente nel Vangelo si raduna intorno a Gesù perché ha bisogno: di parole, di guarigione, di consolazione. Sono lì assetati di qualcosa che dia senso, luce, sollievo. E non hanno cibo. I discepoli se ne accorgono e propongono a Gesù di congedare la folla. In realtà, l’intero episodio, riportato ben cinque volte nei Vangeli, è centrato su questo: l’umanità è fragile, povera, affamata.

Penso anche a me stesso: sono appena uscito da qualche giorno in ospedale, niente di grave, ma quanto basta per farmi sentire il mio bisogno. E oggi, qui a Messa, mi chiedo: con che bisogno sono venuto? Di che cosa ho fame oggi? Riposo? Pace? Forse un po’ di luce. Ognuno di noi si avvicina al Signore con una propria fame, e proprio quel bisogno è il luogo dell’incontro con Lui.

San Paolo, proprio ieri, ci diceva che si vanta non delle sue forze ma delle sue debolezze, perché è lì che la grazia si manifesta con potenza. La fragilità non va evitata o nascosta: è il terreno della grazia. Le persone più preziose nella nostra vita sono spesso quelle che ci chiedono qualcosa, che ci costringono ad amare, ad andare oltre. Sono come spugne di bisogno e d’amore.

Il secondo aspetto: il poco condiviso

Il secondo aspetto che mi ha colpito è questo: che cosa dà Gesù alla folla? Cinque pani e due pesci. Nulla in confronto al bisogno di cinquemila persone. Eppure, parte da quel poco. E non dice: «Andate via, arrangiatevi». Anzi, li fa sedere a gruppi di cinquanta. Li raduna. Li invita a restare. E in quel gesto, non solo li nutre, ma crea relazione. Forse parlano, si scambiano le storie, i dolori, le speranze.

Gesù prende quel poco, lo benedice, lo spezza e lo dona. Come Melchisedek nella prima lettura, che ringrazia e benedice dopo una vittoria difficile. Anche Gesù ringrazia il Padre e condivide ciò che ha. È un gesto eucaristico: ricevere, benedire, spezzare e donare.

E non si parla mai di “moltiplicazione” del pane nei Vangeli. Il testo dice solo che li spezza e li distribuisce. È quel gesto di spezzare che diventa distintivo di Gesù: è così che i discepoli di Emmaus lo riconoscono. E anche le prime comunità cristiane si riunivano proprio per “spezzare il pane”.

Il dono totale del corpo e del sangue

Da qui il passo ulteriore: quel pane e quei pesci, così semplici, diventano per Gesù segno del dono totale di sé. “Questo è il mio corpo per voi”, dirà poi. Quel poco diventa tutto. Gesù non dà solo qualcosa, dà se stesso. Fino alla croce. Con tutto il peso, le ferite, la sofferenza del suo corpo.

Il corpo di Gesù non è un simbolo qualsiasi: è il luogo del dono d’amore. Ci mette tutto, non solo la faccia. E ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, siamo invitati a questo: ad avvicinarci con il nostro bisogno, ma anche a offrire qualcosa di noi. Sull’altare non c’è solo il corpo di Cristo: c’è anche la nostra vita, la nostra offerta, insieme alla sua.

Vivere eucaristicamente ogni giorno

In questo senso, l’Eucaristia è uno stile di vita. Nella comunità, nella famiglia, nel quotidiano, possiamo vivere eucaristicamente: coniugando il nostro bisogno con la nostra disponibilità a donarci. In ogni istante possiamo essere “pane spezzato” per gli altri, come Gesù lo è per noi.

È questo, allora, che oggi celebriamo, adoriamo e riceviamo: il mistero del suo corpo e del suo sangue. E lo ringraziamo. Perché anche noi, nelle nostre vite semplici e fragili, possiamo diventare partecipi del suo dono, del suo amore, della sua vita.

E, in Lui, ricevere la vita eterna.