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L’Illusione di Essere Maestri

Don Andres inizia la sua riflessione con un’autocritica sincera: il Vangelo di questa domenica smaschera il suo atteggiamento ipocrita, il desiderio di essere un maestro, una guida. Il Vangelo di Luca è chiaro e radicale: nessun uomo può essere veramente maestro. Gesù utilizza immagini forti per far comprendere questa realtà: può un cieco guidare un altro cieco? Se nell’occhio abbiamo una trave, come possiamo aiutare il fratello a togliere la pagliuzza dal suo?

Letture come il Siracide ribadiscono il concetto: scuotendo un setaccio, ciò che resta sono i rifiuti, il marcio. Questo si applica a chi vuole essere maestro senza rendersi conto della propria condizione di fragilità. Anche San Paolo parla del pungolo della legge, un richiamo che non porta luce ma solo morte. La conclusione è inevitabile: essere maestri, nel senso umano del termine, è impossibile e dannoso.

Un Invito a Essere Discepoli

L’invito del Vangelo non è quello di elevarsi a maestri, ma di diventare discepoli. Il discepolo è colui che riconosce la propria cecità e chiede aiuto: “Sono cieco, aiutami tu, prendimi per mano”. Essere discepoli significa ascoltare invece di parlare, cercare la luce invece di credersi già illuminati.

Don Andres richiama le domeniche precedenti: chi vuole essere maestro è come i ricchi del Vangelo delle beatitudini, che credono di avere già tutto. È come chi non riesce ad amare i nemici perché è prigioniero del giudizio. Invece, il discepolo è umile, ha bisogno di aiuto e trova gioia nel ricevere la grazia del Signore.

L’Uomo Buono e il Buon Tesoro

La frase che più ha colpito Don Andres nel Vangelo è quella dell’uomo buono che trae il bene dal suo buon tesoro. Ma come può essere buono un uomo che è cieco, fragile, pieno di difetti? La risposta è nella grazia di Dio: il discepolo non è buono per merito proprio, ma perché è stato reso buono da Dio. San Paolo parla di essere “rivestiti di immortalità e incorruttibilità”.

Don Andres porta l’esempio della piccola Ginevra, una bambina rivestita di bianco nel giorno del suo Battesimo. Anche se ha già le sue piccole imperfezioni, è buona perché è amata e perdonata. Così è per tutti noi: la nostra bontà non è un risultato, ma un dono ricevuto dalla misericordia di Dio.

Il buon tesoro di cui parla Gesù è ciò che Dio ci ha donato: la capacità di amare, di essere misericordiosi, di perdonare. Questi doni sono spesso nascosti, ma reali. Il compito del discepolo è attingere a questo tesoro e far emergere il bene.

Dalla Cecità alla Luce

Non basta riconoscere il tesoro nel nostro cuore: dobbiamo tirarlo fuori, viverlo, donarlo. Don Andres si interroga: “Oggi in che cosa spendo le mie energie? Nel cercare le pagliuzze negli altri o nel tirare fuori il bene che ho ricevuto?”.

Se cominciamo questo lavoro dentro di noi, anche il nostro sguardo sugli altri cambierà. Non saremo più maestri giudicanti, ma persone che vedono il bene anche nei fratelli più difficili. Non perché siamo ingenui, ma perché abbiamo fatto esperienza del perdono e vogliamo guardare gli altri con la stessa misericordia.

Essere Alberi Buoni e Portare Frutto

Gesù conclude il Vangelo con un’altra immagine potente: l’albero buono porta frutti buoni. Don Andres invita tutti a portare a casa questa rivelazione: siamo alberi buoni. Non perché perfetti, ma perché radicati nell’amore di Dio.

San Paolo ci esorta a essere saldi e irremovibili in questa fatica, ad abbondare sempre nell’opera del Signore. Non si tratta di un impegno occasionale o avaro, ma di un cammino costante. Solo così possiamo lasciare il desiderio sterile di essere maestri e abbracciare la gioia di essere discepoli.

Verso la Quaresima: Un Cammino di Conversione

Concludendo, Don Andres richiama la bellezza della Quaresima che sta per iniziare. È il tempo favorevole per crescere nell’umiltà e nel desiderio di essere guidati dal Signore. Un tempo per lasciarsi prendere per mano e per portare frutto nella vita quotidiana.

Ringraziamo Dio per questa Parola che ci apre il cuore e ci rende pronti a vivere la conversione con gioia e fiducia.