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Mi ha colpito la piccola parabola che Gesù racconta subito dopo aver insegnato il Padre Nostro. Racconta di un uomo che, nel cuore della notte, si ritrova a dover accogliere un amico ma non ha nulla da offrirgli. “Non ho nulla da offrire”: questa frase mi risuona dentro con forza. È un’affermazione che esprime povertà, bisogno, impossibilità. Ma non è un bisogno per sé: è un’urgenza per l’altro. È l’esperienza che spesso viviamo anche noi, quando qualcuno – un figlio, un parente, un amico – ci chiede qualcosa e noi ci sentiamo svuotati, incapaci, inadeguati.

La preghiera nasce dal bisogno

La preghiera del Padre Nostro non nasce in chi ha tutto, in chi si sente autosufficiente. Nasce invece proprio da quella coscienza di povertà, da quel senso di bisogno che ci spinge a chiedere. Ma quanto è difficile chiedere aiuto! A volte nemmeno con le persone più vicine – il coniuge, i figli – riusciamo a essere così trasparenti da manifestare il nostro bisogno. Gesù ci insegna che la preghiera è fatta di gesti semplici e coraggiosi: chiedere, bussare, cercare. Significa importunare Dio non per interesse personale, ma per poter offrire qualcosa a nostra volta. Solo così possiamo accogliere e donare.

Gesù, il Figlio che prega

È toccante notare come Gesù, il Figlio di Dio, non si sottragga mai alla preghiera. Nel Vangelo di Luca, è evidente che nei momenti cruciali della sua vita – la scelta dei discepoli, il battesimo, la trasfigurazione, il Getsemani – Egli prega. Non attende passivamente, ma cerca attivamente la relazione con il Padre. Ed è proprio vedendo Gesù pregare che i discepoli chiedono: “Insegnaci a pregare”. Questo ci interroga: quali sono i nostri esempi di preghiera? Che testimonianza diamo noi? È solo un insieme di parole meccaniche, o nasce da una vera invocazione del cuore?

La preghiera dei figli

Nella versione lucana, il Padre Nostro è ancora più essenziale. Gesù non dice “Padre nostro”, ma semplicemente “Padre”. È un invito a vivere un rapporto intimo, diretto, filiale. Chiamarlo Padre significa riconoscere in Lui un amore che protegge, che si dona, che ci accompagna. La prima richiesta – “sia santificato il tuo nome” – ci coinvolge profondamente: è attraverso le nostre azioni, il nostro vivere quotidiano, che possiamo rendere santo il nome di Dio. E poi: “Venga il tuo Regno”. Questo Regno non è lontano. Io stesso l’ho visto, l’ho respirato recentemente a Napoli, nel Rione Sanità, tra progetti, accoglienza, custodia e fraternità: lì il Regno c’è, vivo e reale.

Il pane quotidiano e il perdono

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: è una richiesta che ci ricorda la nostra continua necessità di nutrimento. Non solo fisico, ma spirituale, umano, relazionale. Siamo affamati d’amore, di senso, di verità. E il Vangelo ci invita anche al perdono: “Perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo ai nostri debitori”. Questo passaggio è ancora più chiaro nella versione di Luca rispetto a quella di Matteo. Prima perdoniamo noi, poi possiamo chiedere perdono. È un movimento reciproco, dinamico, che spezza la catena del male.

La prima lettura, con l’intercessione di Abramo, ci mostra un Dio disposto al dialogo, alla pazienza, al compromesso pur di salvare. Anche quando ci sembra di non avere nulla da offrire, c’è una cosa che possiamo sempre dare: il perdono. E questo è gratuito, è sempre possibile.

Non abbandonarci

L’ultima invocazione – “non abbandonarci alla tentazione” – è una richiesta di presenza continua. Siamo stati sepolti con Cristo, risorti con Lui, e con Lui vogliamo vivere. È un desiderio profondo di restare in comunione con Lui, di essere accompagnati ogni giorno, in ogni circostanza.

Il dono più grande: lo Spirito Santo

Alla fine della parabola, Gesù ci dice che il Padre non si limita a darci ciò che chiediamo – pane, uova, pesci – ma ci dona qualcosa di ancora più grande: lo Spirito Santo. Ecco il dono supremo: Dio ci dà Se stesso. Ci dà il suo Spirito perché possiamo vivere con il suo stesso amore, la sua accoglienza, la sua forza, la sua gratuità.

Allora sì, ringraziamolo con tutto il cuore. E nei prossimi giorni, proviamo a rivolgerci al Signore con la semplicità e la verità che Gesù ci ha insegnato. Anche se ci sembra di non avere nulla da offrire, abbiamo sempre la possibilità di amare, di chiedere, di perdonare, di pregare. Come figli.