Oggi ci avviciniamo alla fine della lettera ai Tessalonicesi, che abbiamo ascoltato in questi giorni. Mi colpisce molto la consapevolezza che avevano questi cristiani: Paolo dice che riguardo ai tempi e ai momenti non hanno bisogno che qualcuno scriva loro, perché sanno già tutto. Sanno che il giorno del Signore verrà come un ladro. Trovo molto bello questo aspetto, ma Paolo aggiunge anche un’altra cosa importante.
Sapere non basta: occorre vivere nella luce
Noi sappiamo già tante cose. Gesù ci ha detto parole meravigliose sul fatto che siamo figli della luce, figli del giorno, che non dormiamo come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri. Ci ha detto anche che, sia che vegliamo, sia che dormiamo, viviamo insieme con Lui, che è morto e risorto per noi. La vita cristiana, come Paolo riassume in poche righe, è una vita di luce. Eppure non basta sapere queste cose. Questa è stata la mia riflessione nella preghiera di stamattina: non basta conoscerle, dobbiamo viverle.
Anche il Vangelo di Giovanni, che stiamo leggendo in questi giorni, nella comunità si Sammartini e Dozza, dice che Gesù è la luce del mondo e chi lo segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. È bellissimo, ma resta vero che non basta saperlo. Dobbiamo viverlo concretamente.
Una fede che si vive insieme
E Paolo ce lo ricorda chiaramente alla fine del brano: «Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate». Questo mi fa capire che la vita cristiana non si vive da soli, ma insieme. Noi siamo la comunità della luce, la comunità dei figli della luce. Non ci basta la teoria, dobbiamo viverla insieme.
Paolo usa un verbo che richiama quello dello Spirito Santo, il Paraclito: “confortatevi”, cioè state vicini, chiamatevi accanto, sostenetevi, edificatevi a vicenda. Eppure noi spesso tendiamo a vivere la fede in modo molto solitario e spirituale, ma il Vangelo è qualcosa di concreto. Oggi mi chiedo: in che modo possiamo essere di conforto gli uni agli altri nella nostra giornata? Con i familiari, i colleghi, le persone a noi care?
Camminare come comunità della luce
La vita cristiana passa da questo: camminare insieme dietro al Signore che è la luce del mondo. Siamo comunità, non individui isolati. Domenica scorsa il Vangelo ci invitava a chiamare ciechi, zoppi, storpi alla nostra mensa: chi convochiamo oggi? Perché vivere con il Signore risorto, vegliando o dormendo, significa vivere insieme nella sobrietà, nella luce e nel conforto reciproco.
Questo è il passaggio che Paolo voleva far fare ai Tessalonicesi, fratelli tanto cari che già sapevano tutto, ma che avevano bisogno di sperimentare insieme la bellezza della vita cristiana. Chiedo al Signore che anche noi possiamo vivere questo: essere davvero una comunità di luce.