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In questa solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la liturgia ci propone l’immagine del pastore: una figura che parla con efficacia dell’amore ardente e sollecito di Dio per ciascuno di noi. Mi colpisce profondamente il protagonismo di Dio nella prima lettura dal libro del profeta Ezechiele. Dopo aver constatato i disastri provocati dai pastori umani, Dio prende l’iniziativa: “ci penso io”, dice. Non si limita a delegare, ma si mette personalmente in cammino, si prende cura delle sue pecore con tenerezza e determinazione.

Quando l’Amore si fa iniziativa

Questo non è solo un gesto di ruolo, un compito che Dio assume per dovere. È qualcosa di molto più profondo. È l’amore a muoverlo. Lo comprendo pensando a quando tengo davvero a qualcuno – ai miei figli, per esempio. Non riesco a restare passivo, non riesco a lasciar fare ad altri: “ci penso io”. Così è Dio. Quando vede che una sola pecora si perde, lascia le altre e va a cercarla.

Essere dentro questo Amore

Ma io, come vivo questa realtà? Mi sento dentro questa cura, dentro questo amore? O mi percepisco solo, smarrito, dimenticato? Ci sono tanti segni che il Buon Pastore ci dà ogni giorno, per mostrarci la sua vicinanza e attenzione. Gesù, ci ricorda il Vangelo, è il Buon Pastore che non solo si prende cura delle sue pecore, ma dà la vita per loro. Questo amore è totale, senza riserve, pronto a mettersi in mezzo tra noi e il pericolo.

Un Amore che cura, sempre

Quello che Dio ci mostra è un amore senza limiti, che non si stanca. Ezechiele descrive questo amore in modo concreto: il Pastore fascia le pecore ferite, cura quelle malate. Anche quando siamo noi stessi, con le nostre scelte sbagliate, a procurarci ferite, Dio non ci abbandona. Nonostante la nostra testardaggine, la nostra poca fede, Lui ritorna sempre a prenderci e a guarirci. È una dolcezza grandissima.

Il miglior pascolo per le sue pecore

E poi c’è un dettaglio meraviglioso: Dio non ci fa pascolare nel primo prato che trova. No, dice Ezechiele, “le farò pascolare sui monti alti di Israele”. Cerca per noi il meglio: pascoli abbondanti, freschi, rigogliosi. Vuole per noi il top. E a volte mi fermo e mi stupisco: “Guarda dove mi hai portato, Signore. Guarda che riposo posso godere qui”. È questa la bellezza del suo amore.

Un cuore che contagia il nostro

Questo amore di Dio, così totale e ardente, genera in noi una responsabilità. Se lo viviamo davvero, è inevitabile che susciti in noi lo stesso desiderio di amare. Penso ai bambini, alle persone che ci sono affidate. Qual è il nostro cuore verso di loro? È un cuore avaro? Limitato a certi momenti, a certe condizioni economiche o emotive? Oppure è un cuore che si lascia contagiare dal Cuore di Gesù?

Una festa che ci trasforma

Per questo la festa del Sacratissimo Cuore è tanto coinvolgente. Ci sentiamo custoditi, protetti, amati in un modo così profondo da voler rispondere con lo stesso amore. Come dice San Paolo, ci ritroviamo in unione di spirito, di cuore, a vivere la carità che è di Cristo stesso. E allora io non posso fare altro che ringraziare. Mi sento una pecora fortunata, privilegiata, amata da un Pastore che dà la vita per me.