Oggi voglio soffermarmi soprattutto su due aspetti. Il primo è una parola che nel Vangelo risuona con forza: accusare. Gli scribi e i farisei conducono davanti a Gesù una donna sorpresa in adulterio. Era stata colta sul fatto, non c’erano dubbi. La portano per accusarla, ma in realtà vogliono trovare un pretesto per accusare anche Gesù. È tutto un clima di accusa.
Questa dinamica mi ha colpito molto, perché purtroppo la ritrovo anche nelle nostre vite. Quante volte, senza nemmeno rendercene conto, anche noi cadiamo nell’accusa, nel sottolineare gli sbagli degli altri, nel puntare il dito. A volte lo facciamo in gruppo, alleandoci contro qualcuno, magari attraverso una chiacchiera che sembra innocua, ma che presto diventa un giudizio pesante.
L’accusa non è mai costruttiva. È sempre per distruggere, per umiliare, per annientare. Anche quando non lo facciamo con parole dirette, portiamo avanti accuse sottili, magari raccolte alle spalle, che feriscono profondamente. Spesso sono accuse segrete, vigliacche. E sapete una cosa? Anche il diavolo ha proprio questo nome: accusatore. L’Apocalisse lo chiama così, colui che accusa i fratelli giorno e notte davanti al Signore.
Ma davanti a tutto questo, come reagisce Gesù? In silenzio. Non dice nulla, non risponde, si mette a scrivere per terra. Tace. E quel silenzio è già una risposta profonda. Quando poi insistono, Gesù pronuncia una frase che spiazza tutti: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra.”
È una frase che costringe ciascuno a guardarsi dentro. Quegli sguardi puntati addosso alla donna ora si rivolgono al cuore di chi accusa. Ed è proprio questo il miglior antidoto al giudizio: la verità su noi stessi. Gesù non nega che la donna abbia sbagliato, ma mette in evidenza che anche gli accusatori hanno peccato. È un modo bellissimo di riportare tutti alla verità senza alzare la voce, senza accusare.
“Io faccio una cosa nuova” – Quando Dio trasforma il deserto
La seconda cosa su cui voglio riflettere oggi è esattamente l’opposto dell’accusa: la novità che Dio vuole fare nella nostra vita. Lo dice chiaramente la prima lettura: “Io faccio una cosa nuova. Proprio ora germoglia.” È una promessa straordinaria.
Dio non si limita a darci strumenti per sopravvivere nel deserto, come borracce o cappelli da escursionisti. Lui fa molto di più: trasforma il deserto stesso. Fa scorrere fiumi, fa nascere vita dove c’era solo aridità. E questa novità è talmente bella che anche gli animali più improbabili – gli struzzi, gli sciacalli – danzano e ringraziano. È la gioia di una creazione rinnovata.
Una strada nuova nel cuore dell’esilio
Quando il popolo di Israele torna dall’esilio, si dice: “Ci sembrava di sognare…”. È la meraviglia di una salvezza che non sembrava possibile. È così che agisce Dio: apre strade dove non pensavamo potessero esserci.
“Neanch’io ti condanno” – Il miracolo del perdono
Ecco allora che ritorniamo alla donna del Vangelo. Gesù le dice: “Donna, nessuno ti ha condannata?” – “Nessuno, Signore.” – “Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più.”
È meraviglioso. In un solo istante, tutte le accuse e il senso di colpa vengono sciolti dalla misericordia. Gesù le apre una strada nuova, una possibilità di ricominciare. È proprio come quel deserto che fiorisce. La donna, grazie all’incontro con Gesù, trova il coraggio di vivere una vita nuova.
E ciascuno di noi può riconoscersi in lei. Abbiamo tutti le nostre fatiche, le nostre prigionie interiori, i nostri peccati. Come si fa a cambiare? Non da soli. È il Signore che entra nella nostra storia, non per condannare, ma per liberarci.
Pensate a San Paolo. Anche lui era un grande accusatore, un fariseo che conosceva la legge a memoria e perseguitava la Chiesa. Ma poi, sulla via di Damasco, ha incontrato Gesù. E quell’incontro ha cambiato tutto. È passato dall’essere un accusatore a essere un “germogliatore” di vita nuova. Paolo stesso dice: “Sono stato conquistato da Cristo.”
E aggiunge qualcosa di ancora più bello: “Dimentico ciò che è dietro e mi protendo verso ciò che mi sta davanti.” Corre, con il cuore pieno di desiderio, per conoscere sempre più Gesù, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze. Non perché la sofferenza sia sparita, ma perché ora è abitata da Gesù.
Un cammino che parte dal perdono
Oggi pomeriggio celebreremo la confessione. Ed è proprio questo: un incontro con il Signore che ci perdona, che ci rimette in piedi, che ci permette di guardare avanti.
Come quella donna, anche noi possiamo passare dall’accusa alla libertà, dalla colpa alla speranza. Possiamo lasciare che il Signore trasformi il nostro deserto in un giardino. Possiamo diventare come quegli struzzi: non più tristi e assetati, ma saltellanti di gioia per quello che abbiamo ricevuto.
Ecco il senso profondo di questa Quinta Domenica di Quaresima: lasciarci incontrare da Gesù, per passare dall’accusa alla vita nuova. È un sogno che il Signore vuole rendere realtà per ciascuno di noi.