Per questa celebrazione abbiamo mantenuto le letture del giorno, che oggi risuonano con particolare intensità: sono letture severe, ma capaci di illuminare il tempo che stiamo vivendo. Nella Lettera ai Romani, Paolo mette a nudo la sua fragilità: “Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. In questa confessione ritrovo la condizione umana di ciascuno di noi: il desiderio del bene che abita nel cuore, ma anche la costante esperienza della propria povertà e debolezza.
Carlo, nel suo mestiere di infermiere, ha toccato da vicino questa realtà. Prendersi cura dei malati significa confrontarsi ogni giorno con la fragilità: quella fisica, ma anche quella morale e spirituale. Tuttavia, come cristiani, sappiamo che la fragilità non deve spaventarci. Essa ci riporta sempre nelle mani del Signore, il solo che può colmare i nostri vuoti e perdonare le nostre mancanze. Paolo ringrazia Dio per mezzo di Gesù Cristo: è un ringraziamento incessante, per tutte le misericordie con cui il Signore ci abbraccia. Noi siamo sempre “in difetto”, ma è proprio questo difetto che Dio riempie con la sua vicinanza e la sua grazia.
Carlo ha testimoniato questo con la sua vita. Ha saputo accogliere la propria umanità con semplicità e fiducia, diventando un segno concreto di bontà e di dedizione, tanto nel lavoro quanto nella comunità.
La bontà del Signore come cuore della fede
Il Salmo ci ha messo sulle labbra una verità profonda: “Il Signore è buono e fa il bene”. È il centro della nostra fede: la certezza che, nonostante la fatica, la malattia o la solitudine, Dio continua a farci del bene. Anche nei momenti oscuri, la bontà del Signore ci raggiunge, ci riempie, ci sostiene.
Questo è anche il canto che accompagna le nostre liturgie e a cui Carlo partecipava con entusiasmo, finché ha potuto. Cantare insieme la bontà di Dio è un modo per ricordarci che non siamo soli, che la sua fedeltà ci accompagna sempre. Carlo ne è stato parte viva, con la sua voce nel coro e con la sua presenza discreta ma costante.
Saper interpretare il tempo presente
Nel Vangelo di oggi, Gesù rivolge un rimprovero severo: “Come mai questo tempo non sapete valutarlo?” Siamo capaci di leggere i segni del cielo, ma spesso non sappiamo leggere il tempo profondo della nostra vita. Questo è l’invito che ci lascia: imparare a interpretare i momenti che viviamo, a riconoscerli come tempi di grazia.
Anche questo momento di accompagnamento per Carlo è un tempo propizio, un tempo di pace e di amore. Il Signore ci chiama all’incontro con Lui, ma noi spesso restiamo frenati, distratti. Gesù invece ci chiede di vivere riconciliati, in pace, pronti a fare verità e giustizia nelle nostre relazioni.
Quando dice “Mettiti d’accordo con il tuo avversario lungo la strada”, ci invita a scegliere sempre la via del dialogo e della riconciliazione, anche se costa un passo indietro. È un gesto di carità concreta, la stessa che siamo chiamati a vivere ogni giorno.
Annunciare la carità nel tempo breve
Interpretare il tempo significa anche riconoscere che esso è breve e prezioso. Per questo siamo chiamati ad annunciare con la vita la carità e il Vangelo del Signore. Chiediamo perdono per tutte le volte in cui non siamo riusciti a fare questo passo di accordo, di pace.
Carlo, nella sua vita professionale e comunitaria, è stato un annunciatore silenzioso ma autentico del Vangelo. Con il suo modo di vivere, con la dedizione agli altri, ci ha ricordato che rendere grazie al Signore è la forma più alta di fede.
Oggi, insieme a lui, ringraziamo per questo tempo di grazia, per il suo passaggio pieno di luce e di gioia. E nella fede sappiamo che non lo perdiamo, ma lo ritroviamo vivo accanto al Signore. Questa consapevolezza consola e sostiene: la relazione con Dio non si interrompe, ma si apre all’eternità.