Anche questa domenica il Vangelo ci sorprende, quasi ci scandalizza, come già era accaduto la settimana scorsa. Allora Gesù ci aveva detto: scegliete l’ultimo posto, ed è lì che si incontra il Signore. Oggi ripete per tre volte un’affermazione forte: “non può essere mio discepolo”. Gesù si rivolge alla folla che lo segue verso Gerusalemme, e con essa anche a me. Vuole farmi capire che andare dietro a Lui significa diventare suo discepolo.
La prima condizione riguarda gli affetti
“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Ma cosa significa davvero? È possibile amare Gesù più dei nostri figli, più del nostro amore umano, più della nostra stessa vita? È un discorso radicale, che interpella la mia libertà e la mia pienezza.
Amare con libertà: l’esempio di Pier Giorgio Frassati
Ho riflettuto su questo anche pensando alla canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis. Pier Giorgio mi ha colpito: aveva un rapporto difficile con suo padre, uomo influente e direttore de La Stampa, che voleva imporre al figlio la carriera di giornalista. Pier Giorgio invece desiderava fare l’ingegnere minerario per aiutare i poveri. Non rinnegò il padre, ma si sentì libero davanti a lui, mettendo al primo posto l’amore del Signore. Così poté vivere rapporti veri, profondi e liberanti con tante persone, tanto che al suo funerale la cattedrale di Torino si riempì di poveri che lo avevano conosciuto.
Questo mi fa pensare a come spesso i rapporti familiari, pur pieni d’amore, possano diventare catene o oppressioni. Anche un amore troppo grande può soffocare. Lo abbiamo visto persino in un film come Kung Fu Panda, dove il maestro, amando troppo il discepolo, finisce per rovinarlo. Gesù invece mi chiede di amare Lui sopra ogni cosa, perché solo così posso vivere relazioni libere e vere.
Gesù vuole discepoli liberi
Seguire Gesù significa diventare una persona libera. Non mi chiede di rinunciare all’amore per i miei cari, ma di viverlo in modo bello e liberato da ogni asfissia. Un amore troppo condizionato o malato non fa bene. Gesù invece mi invita: “Vuoi essere mio discepolo? Amami, e attraverso di me saprai amare bene anche gli altri”.
Paolo, Onesimo e la libertà vera
Anche San Paolo ne è un esempio. Prigioniero, in catene, anziano, eppure profondamente libero. Scrivendo a Filemone, gli rimanda Onesimo, lo schiavo fuggito, e non lo fa da autoritario, ma da uomo libero che vuole altri liberi. Non vuole che Filemone compia il bene per obbligo, ma per scelta. In Cristo si aprono vie nuove di riconciliazione e libertà.
La croce, via del discepolo
La seconda condizione che Gesù pone riguarda la croce: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. Le croci non mancano: rapporti difficili, malattie, situazioni che pesano. Non posso semplicemente metterle da parte, come se seguire Gesù mi dispensasse da esse. Al contrario, devo prenderle su di me e portarle dietro a Lui.
La croce non è un ostacolo alla sequela, ma il luogo in cui divento discepolo, perché lì Gesù cammina con me. Il suo giogo è dolce, il suo carico leggero: portiamo insieme la croce, non da soli.
Rinunciare ai beni per il vero compimento
Infine Gesù parla dei beni. Racconta due parabole: chi costruisce una torre e chi affronta una guerra. Se faccio affidamento solo su ciò che ho – denaro, famiglia, salute, successo, posizione – finirò per fallire. Sono beni che, se li considero solo miei, diventano zavorre.
Gesù è chiaro: “Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo”. Rinunciare non significa disprezzare, ma non possedere in modo egoistico. Solo così posso davvero portare a compimento qualcosa di bello nella mia vita.
L’umiltà che riempie
Gesù mi offre una strada che sembra umile e piccola, ma in realtà è pienezza. Se non ho niente, posso contare solo su di Lui. Come Santa Teresina, che nella sua piccolezza si affidava totalmente a Cristo. Questa è la vera strategia del successo spirituale: guardare a Lui come al mio unico bene e alla mia ricchezza.
Solo allora, sentendomi all’ultimo posto, scoprirò che con Lui ho tutto. Non sono parole per scoraggiarmi, ma per rendermi felice.
Ringraziamento e invito alla sequela
Oggi ringrazio il Signore perché mi ricorda che il suo amore non cancella gli altri amori, ma li abbraccia e li trasfigura. Mi invita a prendere la mia croce senza paura, a rinunciare a ciò che possiedo per avere Lui come bene preziosissimo.
Diventare suo discepolo non è una perdita, ma la strada per essere pienamente libero, profondamente amato e davvero felice.