Le parole di Paolo a Timoteo: «Sei chiamato alla vita eterna» mi hanno aiutato a entrare nel Vangelo di Lazzaro. Questa frase mi ha permesso di non fermarmi a una lettura solo morale, come se il testo dicesse semplicemente che i ricchi devono occuparsi dei poveri per non finire all’inferno. Quel messaggio certamente c’è, ma la prospettiva più profonda è quella della vita eterna.
Anche la parabola dell’amministratore disonesto della scorsa domenica ci parlava di un uomo che, pur avendo perso tutto, si è preoccupato di avere amici che lo accogliessero nelle dimore eterne. Paolo lo dice chiaramente: evitare la bramosia del denaro, radice di tutti i mali, e tendere verso giustizia, pietà, fede, carità, pazienza e mitezza. È questo lo stile di chi è chiamato alla vita eterna.
Lazzaro: Dio aiuta
Il nome stesso di Lazzaro significa «Dio aiuta». È un nome che diventa testimonianza: la sua vita, pur segnata da povertà estrema e sofferenza, grida che Dio non è lontano. Lazzaro brama le briciole della tavola del ricco ed è circondato dai cani che gli leccano le ferite. Un’immagine drammatica, quasi caricaturale, ma reale.
Eppure, Lazzaro tace. Non chiede, non pretende, resta in silenzio. In quel silenzio abita la sua attesa fiduciosa. Quando muore, viene portato dagli angeli accanto ad Abramo: nel seno di Abramo, luogo di intimità, consolazione e protezione.
Nel seno di Abramo
Il testo dice letteralmente che Lazzaro è portato «nel seno di Abramo». Questa immagine richiama il Prologo di Giovanni: Gesù, il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, ce lo ha rivelato. Anche Lazzaro, dopo i patimenti della vita, è finalmente consolato. La parola «consolazione» (paraclesi) significa «essere chiamato vicino».
La sua vita terrena era un’attesa di questo incontro. Era pronto a ricevere la consolazione promessa, come anche Gesù, che pur vivendo la passione, era già proiettato verso la gloria del Padre. Lazzaro è un segno di questa chiamata alla vita eterna vissuta nella fiducia.
Il ricco e il suo rimorso
Un altro aspetto che mi ha colpito è che il ricco, pur avendo ignorato Lazzaro da vivo, lo conosce bene. Lo chiama per nome: «Manda Lazzaro». Prima per avere un po’ d’acqua, poi per avvertire i suoi cinque fratelli. È la prova che la presenza di Lazzaro davanti alla sua porta non era indifferente: lo aveva segnato interiormente.
Noi siamo come quei cinque fratelli. Ci chiediamo: come stiamo vivendo? Siamo proiettati alla vita eterna o solo ai nostri affari? Amos ci ricorda che i ricchi di Samaria non si curavano né dei poveri né della rovina del popolo. E noi? Ci preoccupiamo della rovina di Gaza, dell’Ucraina, del mondo? Forse sì, ma con che efficacia? Spesso rischiamo di non preoccuparci nemmeno di noi stessi, della nostra vita.
Il cuore da convertire
La parabola ci interpella: come tornare a desiderare davvero la vita eterna? Il ricco invoca che Lazzaro sia mandato, ma Abramo risponde che non serve. «Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro». Anche se uno risorgesse dai morti, non crederebbero. Persino la risurrezione di Gesù non smuove i cuori se non sono disponibili ad ascoltare.
La via è chiara: ascoltare Mosè e i profeti, ascoltare la Parola di Dio. È la Parola che scioglie il cuore e lo apre alla vita eterna.
L’ascolto della Parola
Di recente abbiamo vissuto un bell’incontro con don Stefano Culiersi, che ci ha fatto riscoprire quanto sia fondamentale ascoltare la Parola di Dio. È Dio stesso che parla al nostro cuore. Anche il Vescovo, nella sua nuova lettera pastorale, ci invita a fare spazio a questo ascolto.
Abbiamo tanti strumenti: la liturgia delle ore, i salmi, i gruppi di Vangelo. Io stesso, quando guido, ascolto i salmi registrati: a volte mi distraggo, ma restano lì a fare compagnia al cuore. Trovarsi con amici o vicini per leggere il Vangelo del giorno o della domenica diventa un modo concreto per vivere questa chiamata.
La convocazione della Chiesa
Ascoltare la Parola non deve essere un gesto isolato, ma comunitario. La convocazione della Chiesa, che in questi giorni celebriamo nel quarantesimo anniversario, ci ricorda che siamo radunati per ascoltare la Parola e ricevere l’Eucaristia, il Verbo che si fa carne per noi. Non è lo stesso che stare insieme per un semplice incontro conviviale: lì c’è la presenza viva del Signore che ci chiama alla vita eterna.
Come Lazzaro, anche noi siamo chiamati a desiderare questa vita eterna. E il modo per non dimenticarlo è semplice e concreto: ascoltare Mosè e i profeti, ascoltare la Parola di Dio che ci guida al seno del Padre.