Mentre ascoltavo il Vangelo di Giovanni, mi sono subito fermato su un dettaglio importante: dove si svolge questa scena? Siamo nel Cenacolo. È lì che tutto accade.
Il Cenacolo: luogo di gesti indimenticabili
Il Cenacolo è un luogo speciale. È lì che, nel capitolo 13 del Vangelo di Giovanni – quello del Giovedì Santo – Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. Un gesto potente, di amore profondo e umiltà estrema, compiuto la notte prima della sua morte. Ma non solo: sempre lì Gesù celebra l’Ultima Cena, che oggi riviviamo insieme, specialmente con voi che partecipate per la prima volta in modo diretto.
“Prendete e mangiatene tutti”: un dono per ciascuno
Quel gesto della Cena è il cuore della nostra Eucaristia. Gesù prende il pane, lo spezza, lo dona, e dice: “Prendete e mangiatene tutti”. Mi colpisce sempre quel tutti. Nessuno è escluso. Anche Giuda, il traditore, era lì, ha partecipato. E oggi, anche voi siete qui per lo stesso motivo: ricevere quel dono. Gesù si dona completamente: “Questo è il mio corpo per voi”.
Il calice del sangue: un’alleanza per sempre
Poi Gesù prende il calice e ripete: “Prendete e bevetene tutti”. Anche in questo gesto, quel tutti risuona fortissimo. È il calice della nuova ed eterna alleanza. Noi facciamo la comunione anche sotto le due specie – pane e vino – proprio perché Lui ha detto così. Ci sta dicendo chiaramente: “Questo è per voi”. È il dono della sua vita, un’offerta volontaria e piena d’amore.
Un amore che si fa comandamento nuovo
Attraverso questi segni – pane e vino – Gesù ci spiega cosa sta accadendo sulla croce: non è solo una morte, è un dono d’amore. E dopo che Giuda se ne va per tradirlo, Gesù ci lascia un comandamento nuovo. Quale? “Amatevi gli uni gli altri”. Ma non in qualsiasi modo: “Come io ho amato voi”. È questo che lo rende nuovo.
Amare come Gesù: un amore esigente e concreto
All’apparenza può sembrare facile: voler bene agli altri. Ma Gesù ci chiede di amarci come Lui ci ha amato. Non poco, non superficialmente. Lui ha dato tutto, non ha fatto “regalini”: ha donato se stesso. Non ci ha regalato un cavallo, ma il suo corpo, la sua vita intera. Questo ci mette un po’ in crisi, perché amarci così davvero non è semplice. Richiede impegno, pazienza, perdono.
Sentirci amati per imparare ad amare
Gesù ha tanta fiducia in noi. Dice: “Io vi ho amato”. Se partiamo da qui – dal sentirci davvero amati – allora possiamo davvero amare anche noi. Io vedo già in voi questa capacità: nelle cose piccole, nei gesti semplici, si vede che avete imparato ad amare perché siete stati amati. Forse, anzi sicuramente, abbiamo tutti ancora da imparare. Ma questo è il cammino. E magari – come ho detto con un sorriso – soprattutto i mariti devono imparare!
Il segno del discepolo: l’amore vissuto
C’è una cosa che Gesù dice che mi tocca sempre molto: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate”. Non serve una croce al collo, un vestito bianco o aver fatto la Cresima. Il vero segno che ci rende riconoscibili come discepoli di Gesù è l’amore. Quando ci si vuole bene davvero, tutti – anche chi non è della Chiesa – lo capiscono subito. Non c’è bisogno di parole.
Un amore che si fa missione
Il volerci bene non è solo un sentimento: è una missione. Gesù, dopo averci donato il suo corpo e il suo sangue nel Cenacolo, ci dice: “Adesso andate, fate vedere a tutti quanto vi volete bene”. È da lì che nasce tutto. La comunione ci riempie di gioia e di grazia proprio per questo: per poter portare l’amore ovunque andiamo – a casa, a scuola, nello sport.
Non c’è gioia più grande dell’amore
Alla fine, è questo che ci caratterizza davvero: l’amore. Se non ci vogliamo bene, riceviamo la comunione invano. Ma se ci vogliamo bene, allora viviamo la cosa più bella e più gioiosa che ci sia: essere amati e amare. E allora, con il cuore pieno di gratitudine, ringraziamo insieme il Signore per la sua Parola. E facciamo un momento di silenzio per custodirla nel cuore.