Abile giocatore di scacchi, di croquet, di biliardo. Inventava rompicapi e alfabeti cifrati, giochi matematici e linguistici. Appassionato di nonsense, già da ragazzo pubblicò versi umoristici, insegnò matematica per tutta la vita, ma diventò famoso per i libri scritti per le sue piccole amiche, le figlie del diacono Liddell.Magro, un po’ sbilenco, con una spalla un poco più alta dell’altra e gli occhi azzurri, era simpatico e molto timido, anche perché leggermente sordo e balbuziente. In compagnia delle bambine, però, si trasformava: la balbuzie spariva e i giochi di prestigio gli riuscivano come per incanto. Il suo vero nome è Charles Luttwidge Dodgson, ma prese lo pseudonimo di Lewis Carroll, anagrammando il suo nome, per mantenere assolutamente separate le sue pubblicazioni fantastiche da quelle scientifiche. Ed è con questo nome che è diventato famoso, come autore di Alice nel paese delle meraviglie.
In questo episodio leggiamo insieme un brano tratto dal capitolo Giù per la tana del coniglio, da Alice nel paese delle meraviglie.
Alice Liddell è la protagonista di Alice nel paese delle meraviglie: una bambina che rivendica, in pieno Ottocento, il diritto di pensare con la propria testa. Molto curiosa, si caccia continuamente nei guai, in una serie di avventure vissute in un paese immaginario e apparentemente assurdo – in cui è capitata in sogno – popolato da conigli in marsina, lepri marzoline, eserciti di carte da gioco, gatti stregati e beffardi che appaiono e scompaiono fluttuando nell’aria, scacchi con cui giocare una partita memorabile. Passata alla storia con biondi capelli, lisci e lunghi (attribuzione del primo illustratore, John Tenniel), Alice ebbe in realtà corti capelli neri e la frangetta. È infatti esistita davvero: era la seconda delle tre figlie del decano Liddell e fu quella che tormentò Carroll perché scrivesse le storie che andava loro raccontando. Oggi, il romanzo è conosciuto in tutto il mondo, è uno dei più letti, più tradotti, più celebrati, ma non sempre le traduzioni hanno saputo rendere buona parte delle allusioni e dei riferimenti che prendevano spunto dalla cultura inglese del tempo. Tra i traduttori ricordiamo Elda Bossi (Bompiani, 1963), Guido Almansi e Camillo Pennati (Einaudi, 1978), Aldo Busi (Mondadori, 1988) e Luigi Lunari (Gribaudo, 2015) nella versione integrale in foto, con le illustrazioni originali.