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Description

Nato a Villers-Cotterets, il 24 luglio 1802, era il figlio di un generale napoleonico di origine creola, Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie, detto Dumas, che morì troppo presto. Orfano a quattro anni, resta con la madre, in ristrettezze, e impara a leggere con una vicina di casa. Approdato a Parigi nel 1822, visse del modesto lavoro di copista, nella cancelleria del duca di Orléans, dedicando il tempo libero alla lettura dei grandi testi drammatici. Nel 1829 riuscì a far rappresentare il primo lavoro teatrale, Enrico III e la sua corte, primo dramma romantico del teatro francese, ed ebbe successo. Incominciò un’attività frenetica di scrittura e si scatenò la sua passione per il lusso: cavalli, panciotti sgargianti, donne, ambizioni politiche. Accumulava successi e denaro. I titoli si moltiplicano: gli si attribuiscono circa trecento opere. Oggi la critica gli riconosce un autentico talento di narratore popolare, un fiuto infallibile sulle aspettative del pubblico, la capacità di conferire alle trame altrui una vita che altrimenti non avrebbero avuto.

In questo episodio leggiamo insieme un brano tratto dal libro I tre moschettieri.
Siamo in Francia nel seicento, un giovane guascone di nome D’Artagnan, arriva a Parigi in cerca di fortuna con una lettera di presentazione per il signor di Treville, il capo dei moschettieri del re. Si caccia subito nei guai e si trova coinvolto in ben tre duelli con tre moschettieri – Athos, Porthos e Aramis – ma il cattivo esordio si trasforma in un colpo di fortuna: sorpresi dalle guardie del cardinale Richelieu, i quattro insieme le fronteggiano e le mettono in fuga, diventando amici. Il romanzo si basa su un’opera settecentesca di Gatien Courtilz de Sandraz, Memoir de m. D’Artgnan, Capitaine-Lieutenant de la Première compagnie des mousquetaires. Vi figurano Athos, Porthos, Aramis, Treville, Luigi XIII, Anna d’Austria, Richelieu, e perfino Milady, tutti realmente esistiti. Amato da ragazzi e ragazzi di tutte le epoche, celebra l’amicizia con il motto “tutti per uno, uno per tutti”, ripreso persino dal Gian Burrasca di Vamba. Tra le traduzioni ricordiamo quella di Maria Bellonci per Giunti e quella di Nunzio Jàcono per Mursia.