Sono lì, fermo di fronte alla porta chiusa. Non ho nessuna voglia di aprirla. Ma so che lo devo fare. Prendo coraggio, impugno la maniglia, faccio un respiro e apro. Un inferno. Ilcaos nella sua versione più spaventosa. Com’è possibile che io abbia permesso tutto questo, come ho potuto continuare ad alimentare questo groviglio inestricabile? Semplice: procrastinando. No, non è il racconto di uno dei mieiincubi; è la terribile realtà che ho dovuto affrontare molti mesi fa. No, non sto parlando del mio inconscio, del mio lato oscuro. Della mia anima tormentata da artista. Nulla di così romantico. Sto parlando del mio studio. Si, avete capito bene: una stanza di casa mia, nulla di più semplice. Penso che sia capitato a molti di voi, di avere “una stanza in più”. Un vano che nella testa del progettista doveva essere destinata ad un uso famigliare, tipicamente “la stanza dei bambini”, ma che noi non avendo quella necessità, con il tempo abbandoniamo lì.