“Sforzatevi di entrare per la porta stretta.”
Con questa immagine tagliente, Gesù ci mette davanti a una delle verità più scomode del Vangelo. Non una via larga e comoda, non un accesso facile e senza resistenze, ma una porta stretta. Una soglia che chiede scelta, decisione, autenticità.
La porta stretta: immagine biblica della sequela
Nella Bibbia, la “porta” non è solo un varco fisico, ma un simbolo teologico: il passaggio dal mondo dell’uomo al mondo di Dio. Nei Salmi, la “porta” del Tempio è la soglia della comunione con il Signore (cf. Sal 118,19-20). Nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso si presenta come “la porta delle pecore” (Gv 10,7): l’accesso alla vita piena passa attraverso Lui.Quando Gesù parla di porta stretta, non intende un ostacolo artificiale posto da Dio per rendere difficile la salvezza, ma la logica stessa dell’amore: l’amore autentico non si vive senza lasciare nulla, non si custodisce senza sacrificio, non si mantiene senza fedeltà.
Una logica che purifica l’essenziale
Sant’Agostino lo riassumeva con parole celebri: “Ama e fa’ ciò che vuoi.” Ma per amare davvero occorre alleggerirsi del superfluo, liberarsi dell’egoismo, svuotare lo zaino dei rancori e delle maschere. La porta stretta è dunque la soglia della verità, quella che permette di entrare solo con ciò che conta: un cuore libero e una vita trasparente.È la differenza tra la fede come appartenenza esteriore e la fede come incontro vivo. Per questo Gesù aggiunge parole che fanno tremare: “Abbiamo mangiato e bevuto con te… ti conosciamo.” Ma Lui risponde: “Non vi conosco.” Qui sta il nodo: non basta una conoscenza intellettuale o tradizionale di Gesù. Serve una relazione che trasforma. Papa Benedetto XVI lo disse con forza: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è un’idea, ma l’incontro con una Persona che dà un orizzonte nuovo.”
L’amore concreto come porta
La porta stretta non è un concetto astratto, ma si traduce in gesti concreti di amore quotidiano: