La riflessione di questa domenica ci riporta all'alba sul lago di Tiberiade (Gv 21,1-19), quel momento carico di simbolismo in cui la luce del nuovo giorno diventa metafora di una rinascita ben più profonda. L'esegesi del testo giovanneo si concentra sul ritorno dei discepoli alla vita precedente – alle barche, alle reti, all'acqua – non come semplice ripresa di un'attività quotidiana, ma come sintomo di una crisi esistenziale che persiste nonostante l'incontro con il Risorto.
L'analisi teologica mette in luce come le ferite dell'anima "non si cancellano con un colpo di spugna" e la routine diventa per Pietro e gli altri un rifugio illusorio, un tentativo di evadere dal pensiero. Il fallimento della pesca notturna ("non presero nulla") diviene così simbolo eloquente dell'incapacità delle nostre risorse umane di colmare quel vuoto che solo l'incontro con Cristo può riempire.
Particolarmente significativa è l'interpretazione dell'appellativo "figlioli" con cui Gesù si rivolge ai discepoli – un termine che rivela la tenerezza divina e preannuncia la relazione di paternità che caratterizzerà la Chiesa nascente. Il comando apparentemente banale di gettare le reti "dalla parte destra" viene letto come manifestazione della logica paradossale di Dio, dove nell'ordinario si cela lo straordinario.
Il testo evidenzia poi il confronto tra due discepoli: Giovanni che riconosce ("È il Signore!") e Pietro che si tuffa in acqua. Questo gesto impetuoso viene interpretato non più come la presunzione di chi sfida il mare (come in Mt 14,28-31), ma come l'umile immersione di chi accetta la propria fragilità e anela al perdono. La corsa bagnata di Pietro diventa così icona di ogni cammino penitenziale autenticamente umano.
Il cuore della riflessione si sviluppa attorno al dialogo tra Gesù e Pietro, descritto come un "sacramento di guarigione". La triplice domanda "Mi ami?" non è interpretata come riparazione del triplice rinnegamento, ma come rivelazione dell'essenza della fede: non la perfezione morale, ma l'amore relazionale. Ogni domanda diventa "un bacio sulle ferite di Pietro", ogni risposta "un passo verso la libertà".
L'omelia si conclude con una potente applicazione pastorale che interpella direttamente le relazioni affettive ferite, i matrimoni spenti, le amicizie consumate, invitando a riconoscere che proprio "sulla riva dei nostri fallimenti" Cristo si fa presente con la sua domanda fondamentale: "Mi ami?". La missione affidata a Pietro – e a ogni credente – scaturisce non dalla capacità umana ma dall'esperienza di essere amati e perdonati: "Solo chi si lascia amare davvero impara ad amare fino in fondo".