“Gesù, abbi pietà di me.”
Il Vangelo di questa domenica si apre con un grido che attraversa i secoli e ci riguarda da vicino: il grido dei dieci lebbrosi che, da lontano, invocano pietà. Non chiedono guarigione, chiedono di essere visti, riconosciuti, accolti. E Gesù li vede. Non semplicemente li guarda: li vede. Uno sguardo che non analizza, ma comprende; che non misura, ma accoglie. È in questo sguardo che inizia la guarigione.
La fede che cammina
Gesù non guarisce subito, non promette certezze: ordina di mettersi in cammino. È lì, lungo la strada, che la guarigione accade. Il miracolo non è nell’attesa, ma nel movimento. È la fede che si fida e cammina, anche quando non vede ancora il traguardo. “Vedrai quando inizierai a credere”, sembra dire Gesù. Perché la fede non è un possesso, ma un passo. Non è aspettare segni, ma diventare segno camminando.
Il ritorno che salva
Dei dieci guariti, uno solo torna indietro. Uno straniero, un samaritano. È lui a comprendere che la vera salvezza non è nel dono ricevuto, ma nel Donatore incontrato. Gli altri sono guariti nel corpo; lui, anche nell’anima. Perché la gratitudine, quel tornare indietro, quel “vedere di nuovo”, ricompone la vita, la rende intera. “La tua fede ti ha salvato”: non perché hai ottenuto qualcosa, ma perché hai riconosciuto Chi ti ha amato.
La gratitudine che trasforma
La vera fede nasce dalla gratitudine. Non dalla paura, non dal calcolo, ma dallo stupore di chi riconosce che tutto è dono, anche le ferite che ci rendono più umani. Ringraziare è una rivoluzione silenziosa: trasforma ciò che possediamo in dono e ciò che accade in grazia. Chi ringrazia smette di vivere da spettatore e diventa partecipe della propria storia.
Il coraggio di tornare
Tornare indietro non significa vivere di rimpianti, ma ritrovare la direzione. È ricordare che Dio passa ancora per le nostre strade, nei gesti semplici, nelle coincidenze che diventano Dio-incidenze. Tornare a Dio è ciò che ci fa davvero umani. Perché i nove sono guariti, ma uno solo è tornato uomo. E quell’uno, oggi, può essere ciascuno di noi, se abbiamo il coraggio di dire: “Grazie, Signore, perché anche oggi sei passato nella mia vita.”