Il vulcano. Dormo in fervida introspezione, Aspro e brullo in ciclotimica letargia. Senza ronfare sembrerei un morto Se non fosse per qualche scureggia. Osservo sfolgorare il mio sé In mille borborigmi fiammanti. Sento segnali omeostatici A salire in coro dal magma. Teso come corda di violino Ascolto ogni volta sorpreso Il crescendo sprovvisto d’intento Dell’amore piroplastico del Me. Mi guardo estatico scoppiare. Tu resta con me, non ti voltare. Dispiego la coda del pavone. Lava e lapilli son solo per te. Infine il sonno dopo l’orgasmo Mi lascia quieto, cocente e arido. Torno ad amarmi maestoso e solenne Anche stavolta appieno indifferente.