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La banda Martelloni prende il nome dal suo capo, Giovanni Francesco Martelloni, capo dell'Ufficio Affari Ebraici della Prefettura di Firenze durante la Repubblica Sociale Italiana
Giovanni Martelloni era un giovane alto, discretamente elegante, buon conversatore, e avvezzo - è quel che si dice - a giocare con la propria esistenza nei modi più disparati. In fondo, comunque, faceva sul suo. Il guaio fu quando Giovanni Martelloni cominciò a giocare con la vita degli altri. Iscrittosi al partito fascista repubblicano, il giovane (aveva allora 35 anni) si ritrovò a capo del cosiddetto “ufficio affari ebraici”. Quale fosse il genere di “affari” sbrigati da quell'ufficio lo si vide chiaramente poco dopo, allorchè Giovanni Martelloni, che agiva in carta bianca, iniziò la propria attività, in aperto contrasto col codice penale e con quello umano, circondato da una schiera di fedeli esecutori d'ordini. I saccheggi vennero denominati requisizioni, gli arresti si mutarono in deportazioni. Ebbe inizio, così, la via crucis degli israeliti fiorentini. Molti finirono a Dachau, cenerizzati nei forni a gas. E i più fortunati, tranne qualche eccezione, si ritrovarono a far la vita della selvaggina braccata, costretti a fuggire in un senso o nell'altro coi soli vestiti per bagaglio. 
Lettura tratta dall'articolo “Il processo Martelloni domani all'Assise di Firenze” pubblicato sul quotidiano “La Nazione” il 5 luglio 1950

Memorie di Resistenza fiorentina è un progetto, realizzato dal Comune di Firenze, che raccoglie storie di persone che hanno contribuito alla Resistenza delle città con l’obiettivo di promuovere un patrimonio di memoria storica collettiva.